Teatro e libertà. L’esperienza di un grande maestro

Press Meeting

Uno dei giganti del teatro mondiale”- ha sottolineato nella sua presentazione in Auditorium D5 alle 15 il giornalista e scrittore Luca Doninelli, introducendo la figura del regista e drammaturgo e direttore artistico del Maly Drama Theatre di San Pietroburgo Lev Dodin. Lo scrittore ha posto la domanda: “In che modo il teatro ci fa conoscere l’uomo?”.
“Il teatro non è una professione, ma un modo di vivere e dà la possibilità di conoscere cose che difficilmente si riesce a capire altrimenti – ha risposto Dodin – per me è diventato lo strumento ideale per conoscere me stesso. Penso che i giovani siano attratti dal teatro per cercare di vivere più vite”. Secondo il drammaturgo russo in modo inconscio il teatro aiuta a ricercare l’immortalità e a vivere uno sconvolgimento, che è il suo linguaggio più importante “ed è quello che inconsciamente cerchiamo tutti e di cui abbiamo paura”. “Per me – ha proseguito – il teatro è un’arte di compagnia, che manifesta un’anima comune ed esprime il senso della vita perché è proprio nel rapporto con gli altri che l’uomo esiste”.
Alla domanda di Doninelli: “Come è maturata l’idea di mettere in scena il capolavoro di Vasilij Grossman ‘Vita e Destino’, il regista ha risposto sottolineando la sua esigenza di andare a fondo per conoscere e capire il celebre romanzo (o meglio ancora “sentire”, per usare il termine dello stesso autore), pur riconoscendo la difficoltà di poter rappresentare a teatro un’opera così complessa. “Sono stato affascinato dalla filosofia del romanzo, dalla descrizione di una realtà che rispecchia la nostra realtà quotidiana ed è piena degli stessi problemi, dai concetti opposti che coesistono in una stessa esperienza storica, dove vince lo spirito del popolo, con uno sguardo cosi tragico sulla realtà”.
“Come prima cosa – ha aggiunto Dodin – una volta pubblicato il romanzo in Unione Sovietica dopo la censura degli anni del comunismo, ne ho assegnato la lettura ai miei studenti, invitandoli successivamente alla comprensione. Abbiamo cominciato a visitare i luoghi citati per ricreare il medesimo sconvolgimento e lì abbiamo capito di essere pronti a rappresentarlo”.
Dalle pagine del romanzo, più di ogni altra cosa, traspare la convinzione di chi scrive di un insopprimibile bisogno di libertà dell’uomo. Una libertà cosi invincibile che anche i peggiori totalitarismi prima o poi sono destinati a soccombere contro di essa. 
 “Oggi emergenza uomo significa far emergere il volto dell’uomo nelle difficoltà della storia – conclude il regista – Non capire bene il passato significa rischiare di riviverlo nel futuro. Nella tragedia non manca mai la bellezza e l’artista, essendo uomo, può anche commettere cose terribili, ma paradossalmente più è tragico, più è positivo. La memoria cerca di togliere il dolore. Il teatro, come forma d’arte è uno strumento del dolore, e allora forse incontrarlo non è stato per me vano”.
(M.T., C.R.)

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