“In luoghi periferici spesso accadono cose che sembrano piccole, ma che hanno in sé la forza di cambiare le cose”. Con queste parole il direttore del mensile Tracce, Davide Perillo, ha introdotto l’incontro svoltosi questo pomeriggio nella sala Neri – Conai: “Università e educazione alla libertà. L’esperienza del gruppo Swap”.
Al centro della discussione e del racconto di un’esperienza vissuta da un gruppo di studenti dell’Università Cattolica di Milano, un tema di straordinaria attualità: il dialogo e il confronto interculturale e religioso. Protagonisti del dibattitto: Wael Farouq, Visiting Professor di Lingua araba all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Mario Gatti, direttore di sede di Milano dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, preceduti dalle testimonianze di alcuni ragazzi di Swap.
Tutto ha origine dall’incontro di diversi studenti egiziani iscritti alla facoltà. Fra di loro nasce la volontà di raccontare con una mostra lo straordinario fenomeno della primavera araba e della rivoluzione di piazza Tahrir. «Il nostro tentativo – spiega Mina, origini egiziane ma nato in Italia – sorge dal desiderio di comunicare una rivoluzione nella rivoluzione avvenuta in quei giorni: la bellezza della convivenza tra cristiani e musulmani. Un fatto importante, considerate anche le ultime affermazioni di papa Francesco, che ci ha messo di fronte alla realtà di una terza guerra mondiale strisciante e diffusa in tutto il mondo. Anche per divisioni ideologiche e religiose».
Divisioni e differenze che sono, invece, una ricchezza per i ragazzi di Swap, come ha ricordato Monica: “ La mostra che abbiamo portato al Meeting “Egitto, quando i valori prendono vita” non sarebbe mai esistita se fossimo stati un gruppo di soli copti, musulmani o cristiani. È figlia d’identità differenti: le nostre diversità sono ciò che ci hanno unito”.
E per Mario Gatti, direttore di sede dell’Università Cattolica, la loro esperienza ha dato un bello scrollone a diversi luoghi comuni su università, studenti, dialogo multiculturale e interreligioso: “Intanto ci siamo accorti che nella nostra facoltà erano iscritti molti ragazzi musulmani e non lo sapevamo. La loro richiesta di organizzare una mostra su un tema così difficile ci ha ricordato che siamo un luogo non solo di formazione, ma un luogo di crescita dove esprimere la propria responsabilità, senza rinnegare identità e appartenenza”. “Swap ha messo a nudo gli stereotipi di un dialogo interculturale sempre pensato come confronto tra idee, ideologie, culture e l’ha riportato sul piano del confronto umano. Da qui è nata una proposta di percorso che si è allargata a tutta la comunità universitaria”.
Ma all’origine di questa straordinaria esperienza c’è anche l’attività di un docente, Wael Farouq. “Il vero pluralismo non è solo un processo d’integrazione, ma di costante interazione. Questi ragazzi dimostrano che pace e amore non sono ideali, ma sono fatti concreti, quando la nostra volontà li realizza. I ragazzi di Swap, come quelli della primavera araba, non hanno ideologie alle spalle, sono mossi solo da desiderio di confronto. Cercano la verità in se stessi e negli altri. Ce la raccontano in modo bellissimo nella loro mostra, dove non troviamo nessuna storia di vip. Solo storie come quella Gifka, un ragazzo copto ucciso in piazza Tahrir. Di origini umilissime, lui era amico di tutti, sorrideva a tutti, musulmani o marxisti che fossero. È diventato un eroe per tutti loro”.
Insomma, quello che muove la storia, come ha ricordato in conclusione Mario Gatti, “è la ricerca della verità di se stessi”, citando anche lui una recente domanda posta a tutti noi dal Papa: “Che cosa cercate?” Ed è dalla ricerca di una risposta, che nascono esperienze come quella di Swap.
(F.Po., C.B.)