Raffaello Vignali, Presidente di Compagnia delle Opere, inquadra le due problematiche su cui si concentreranno gli interventi: quale sia la reale situazione del Paese e su che cosa puntare per smuoversi. Individua quindi tre temi di discussione: riprendendo un testo di Enrico Letta e Pierluigi Bersani Vignali ricorda come l’Italia una volta era un Paese grande in un mondo piccolo, ora è un Paese medio-piccolo in un mondo grande, che si è allargato per effetto della crescita di giganti demografici come India e Cina. Propone poi di dialogare sul tema dell’euro, di analizzarne aspetti positivi e negativi. Da ultimo prova a ribaltare il tema del nanismo che sembra affliggere l’impresa italiana: non ci sono troppe piccole imprese, ci sono poche grandi imprese.
Il primo a rispondere alle questioni poste da Vignali è stato il professor Alberto Quadrio Curzio, Preside della Facoltà di Scienze Politiche all’Università Cattolica di Milano, che immediatamente ha proposto per il presente di dar fiducia ai distretti, utilizzando, come elemento connettivo tra i diversi settori, i laboratori. Ha quindi passato in rassegna la storia economica dell’Italia dal dopoguerra ad oggi: fino al 1972 il grande miracolo della ricostruzione e l’aggancio all’Europa, ma anche un’eccessiva estensione dello Stato in veste di imprenditore ed errori nella formulazione delle politiche per il mezzogiorno; dal 1972 al 1992, di positivo si segnala il rafforzamento dei legami con l’Europa, a cui fa da contraltare l’uscita della grande industria da settori quali la chimica e l’elettronica; dal 1992 ad oggi, un risanamento macrofinanziario bilanciato da un rallentamento della crescita. Come è possibile dunque far crescere il sistema? Quadrio Curzio ha individuato tre scelte da compiere necessariamente sulla via dello sviluppo: valorizzazione della sussidiarietà orizzontale; eliminazione delle inefficienze, così da poter investire meglio; sostegno all’innovazione, dato che, considerato l’ingresso di nuovi competitori sullo scenario internazionale, non si può più entrare su nuovi mercati agendo solo sui prezzi.
È quindi il turno di Cesare Romiti, che si scaglia subito contro l’eccessiva retorica che ha caratterizzato storicamente questo tipo di dibattiti in Italia. La prima cosa utile da fare è studiare il problema: bisogna ricordare che anche durante il boom economico il tessuto imprenditoriale dell’Italia era costituito in maggioranza da PMI. Romiti si è dichiarato scettico in merito alla possibilità di una ripresa a breve termine, ma ha voluto ugualmente formulare due proposte per uscire dalla stagnazione: investire in ricerca, anche a costo di abolire l’Irap o di ricorrere all’autotassazione da parte delle imprese; fare uso di maggior moralità nell’attuare politiche di corporate governance, senza avvantaggiare troppo alcuni con stock options spropositate e senza penalizzare eccessivamente chi non lo merita.
Renato Brunetta, Europarlamentare di Forza Italia e consigliere economico del Consiglio dei Ministri, ripercorre la storia macroeconomica dell’Italia dividendola in due, prendendo come punto di separazione l’introduzione dell’euro: fino a prima di decidere di entrare a far parte della moneta unica, l’Italia ha governato ed è cresciuta in controtendenza rispetto al resto d’Europa: se l’Europa mirava a una convergenza di indicatori, in Italia si è sempre governato facendo ampio, fin troppo a volte, uso dell’inflazione e della svalutazione. La decisione di conformarsi ai parametri europei è stata dolorosa ma doverosa:, purtroppo tardiva, e soprattutto incompleta. Si sta cercando ora di modificare la linea di condotta dell’economia italiana: quel che ci si è dimenticati di fare è di aggiornare tutti i meccanismi che ne permettono il movimento; tutti gli attori, istituzioni, imprese, sindacati, banche, burocrazia, scuola, università sono ancora conformati su un modello di economia orientato alla svalutazione. Questa incongruenza istituzionale è un’ulteriore difficoltà che l’Italia si trova ad affrontare in questo momento già di per sé difficile.
C’è un nuovo mondo che si è svegliato ed ha ormai raggiunto il vecchio mondo, colto in un momento di lentezza. Esordisce così Enrico Letta, Deputato al Parlamento Europeo e membro dell’Intergruppo per la Sussidiarietà. La sua ricetta per un rilancio a breve, necessario, dell’Italia è costituita da sette punti: far sì che la delocalizzazione sia parte di un processo di internazionalizzazione, così che le imprese che delocalizzano conquistino nuove fasce di mercato nei paesi dove spostano la produzione; impostare il sistema fiscale sulla rendita e non sul lavoro, così da premiare chi si sporca le mani ed evitare che chi ha del capitale lo contempli senza farlo fruttare; incentivare la ricerca; industrializzare il settore dei servizi prima che gli altri si prendano tutto anche da noi, come già hanno fatto i francesi con la grande distribuzione; rilanciare quella che in termini economici è la più grande industria del Paese, il turismo; riformare il welfare cercando di creare una welfare society; riformare l’ambito dell’istruzione per favorire l’investimento da parte di ogni cittadino sui propri talenti.
In chiusura Vignali ringrazia gli ospiti, oltre che per i loro interventi, anche perché hanno reso possibile un momento di dialogo e confronto come raramente se ne hanno nel panorama della politica italiana, invitando tutti a far tesoro di quanto ascoltato, giacché un paese che non si muove è un paese morto, e una politica che non aiuta chi si muove è una politica morta.
F. T.
Rimini, 25 agosto 2004