SVILUPPO ECONOMICO O STAGNAZIONE DINAMICA: QUO VADIS ITALIA? RIFLESSIONI E PROPOSTE

Press Meeting

Di fronte a milioni di giovani disoccupati e a centinaia di migliaia di posti di lavoro vacanti, di fronte a due milioni di giovani che non studiano, non lavorano e – a volte – neppure cercano un lavoro, originale e in certo qual modo straordinaria è l’affermazione di Fulvio Conti, amministratore delegato e direttore generale dell’Enel: “Non cercare un lavoro, qualunque lavoro, ha nei confronti della società la stessa valenza negativa del drogarsi, ubriacarsi o di quel delinquere strisciante cui diventiamo sempre più assuefatti”. Affermazione emersa durante il suo intervento nella tavola rotonda “Sviluppo economico o stagnazione dinamica: quo vadis Italia?”, in Sala Neri alle 11.15.
“La crescita del Paese è il tema centrale di una serie di incontri di questo Meeting – ha detto nell’introduzione Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere – se ne parla ma nessuno mette le mani in pasta ed è proprio questo che chiedo ai relatori”. Sono presenti al tavolo Fulvio Conti, amministratore delegato e direttore generale dell’Enel; Giuseppe Orsi, amministratore delegato di Finmeccanica; Corrado Passera, consigliere delegato e Ceo di Banca Intesa Sanpaolo; Paolo Romani, ministro dello Sviluppo economico.
“Per crescere bisogna far tesoro dell’esperienza”, è il primo concetto introdotto da Fulvio Conti. L’Italia ha avuto decenni di crescita, invece negli ultimi dieci anni “è cresciuta pochissimo, quasi niente rispetto all’Europa e al mondo per una certa crisi e la deindustrializzazione. Oggi il nostro Paese è lento, non ha una visione di medio-lungo termine, pensa solo all’oggi”. Non mancano i mezzi per investire e guardare al futuro, ma si è persa la fiducia e la normativa blocca ogni iniziativa (“L’Enel ha fermi investimenti dal 2000”). La soluzione? Un patto di sviluppo tra la politica e la società e una semplificazione normativa in cui si definisca chi ha la responsabilità di prendere le decisioni senza il blocco di una miriade di istituzioni con il potere di veto, cambiando il Titolo V della Costituzione. “L’Enel ha pronti dodici miliardi di euro da investire nei prossimi anni – ha ricordato Conti – lasciateceli investire senza penalizzarci come sta accadendo ora con la nuova manovra finanziaria”. Ha poi concluso: “L’Enel vuol dare un messaggio, possiamo credere nel futuro del Paese e dare una certezza a milioni di giovani”.
Di crescita, futuro e giovani parla un’altra grande azienda italiana, Finmeccanica. L’amministratore delegato Giuseppe Orsi è lapidario: “L’Italia non può andare in una direzione diversa da quella della crescita. Siamo un grande Paese industriale e la nostra è un’economia manifatturiera: siamo bravi a produrre, siamo bravi a fare fabbrica e lo facciamo bene”. Da queste constatazioni e da queste eccellenze deve ripartire la crescita. “Chi non si è sentito orgoglioso quando la Casa Bianca ha selezionato il nostro elicottero per il trasporto del presidente?”. Orsi pone l’accento su quattro elementi che determinano il successo di Finmeccanica: sostenibilità economica, ambientale e sociale delle produzioni, multiculturalità (presenza in 45 Paesi con 30mila dipendenti all’estero su 70mila), innovazione tecnologica continua (l’11% dei ricavi va in ricerca e sviluppo) e da ultimo l’inserimento in azienda dei giovani (il 30% dei dipendenti ha meno di 35 anni).
Il manager di Finmeccanica a questo punto introduce il discorso sui giovani: a suo parere devono recuperare il concetto che il lavoro è un valore assoluto in sé. La sua proposta? I giovani cerchino subito un lavoro, qualunque lavoro, che sia una parte del proprio percorso professionale, in attesa di trovare quello a cui aspirano. Alle loro prime esperienze di lavoro si diano dei crediti da utilizzare per inserirsi nei posti successivi, inoltre ai datori di lavoro sia concessa una fiscalità agevolata. Orsi poi ricorda la sua esperienza. Laureato in attesa di progettare aerei, ha lavorato in un’officina di manutenzione aeronautica. Durante l’intervento di Orsi uno spettatore gli contesta la possibilità per i giovani di trovare lavoro.
Anche le banche hanno una funzione determinante nella crescita. Corrado Passera apre il suo intervento con l’invito a visitare la mostra sul profeta Ezechiele che parla di lavoro, di crisi e soprattutto di speranza. Come in una breve cronaca, ricorda che le banche italiane non erano precipitate nella crisi del 2008 e anche ora sono pronte ad affrontare questa nuova crisi perché si sono ricapitalizzate e sono in buona salute, manca però quello che dice il tema del Meeting, cioè la certezza. “Si parla di recessione, ma non è detto che ci sia e che ci sarà”, ha rassicurato la platea, però ci vuole coraggio, anche per affrontare le difficoltà che l’Unione europea pone davanti spesso con una pesante e cieca burocrazia. “Nel dibattito attuale tra le troppe parole ci sono tante idee buone che occorre valorizzare senza guardare da dove arrivano. Possiamo crescere perché molte aziende italiane stanno crescendo nel mondo, ma è necessario ammodernare il Paese, cambiando abitudini ed eliminando rendite di posizione”. È quindi compito della politica avere una visione integrata e lungimirante senza tenere conto dei tempi elettorali, guardando in faccia alla verità dei fatti. Passera conclude con un elenco di punti in cui è possibile intervenire con soluzioni mirate, indicando la Compagnia delle Opere come esempio di rete virtuosa.
Le conclusioni sonno affidate al ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani. “Vorrei raccogliere l’appello del presidente della Repubblica al senso di responsabilità al governo, all’opposizione e alle parti sociali: ci vogliono meno steccati e più spirito critico”. Romani non si sottrae dal parlare della manovra che oggi incomincia il suo iter parlamentare. La cifra di cui si parla (tra la precedente e l’attuale) ammonta a 131 miliardi di euro per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013. “A saldi invariati il governo è pronto ad accettare miglioramenti, ma temo che possa essere peggiorata”. Di fronte all’evasione fiscale, il contributo di solidarietà chiesto ai più abbienti non sembra molto equo, perché questi pagano già tasse salate.
Secondo il ministro quattro sono le cose da fare: aggiornare le regole del lavoro e della previdenza; lavorare sul dimensionamento delle imprese; difendere l’italianità delle imprese (“qui devono rimanere le eccellenze”); tenere conto del contesto internazionale, visto che, per esempio, la Cina può risparmiare sulla mano d’opera e l’India sta investendo cifre altissime. Enumera poi i tagli alla politica (“Non possono vivere solo di politica 250mila persone”): le famose auto blu, i piccoli comuni, le province. Infine, c’è il problema della rappresentatività: nel Popolo della libertà c’era e c’è Silvio Berlusconi, ma in futuro la situazione potrebbe cambiare e quindi si presenta l’esigenza di trovare una nuova rappresentatività. Il ministro cita l’esempio della rivoluzione in Tunisia, dalla quale non è uscito un nuovo leader, ma una governo tecnico che porterà la nazione a nuove elezioni. Il mezzo usato in quel caso è stato il web. Forse la larga fetta di popolazione che si serve di questo strumento potrebbe essere un veicolo per indicare la rappresentatività. Infine, la risposta a una domanda insistente: nella manovra – conferma – ci sarà la semplificazione richiesta a gran voce.

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