Il romanzo del celebre scrittore e drammaturgo americano ha ispirato la messa in scena diretta e interpretata da Fabio Sonzogni insieme a Fausto Hieme Caroli, in anteprima nazionale mercoledì 21 agosto alle 19.45 al Teatro Frecciarossa del Meeting.
Un tavolo, due uomini. Bianco e Nero si sfidano. Obiettivo: togliere all’avversario ogni possibilità di fuga, dare scacco matto. Stamattina Bianco stava per gettarsi sotto il Sunset Limited, che collega Louisiana e California. Nero l’ha strappato alle rotaie e l’ha portato nel suo misero appartamento. Bianco voleva uccidersi ed è ancora convinto di farlo.
Inizia la partita. Nero – ex galeotto, di colore, di fede cristiana – attacca ingenuamente Bianco – professore universitario, ateo – che risponde con mosse tattiche che logorano lentamente l’avversario. Fino al contrattacco finale. Spietato, lucido.
Agli antipodi, su punti diametralmente opposti del microcosmo, le due posizioni si contrappongono. I temi trattati, filosofico-esistenziali, trovano nella Bibbia con la copertina logora, appoggiata sul tavolo tondo, il baricentro delle forze in campo. Le argomentazioni e le modalità di Nero sono frutto del suo vivere nel mondo dopo aver sentito la voce di Dio (accadde nel momento in cui il suo corpo lacerato, inerme, stava steso sul lettino in infermeria, dopo una lite violenta tra carcerati). Al contrario il professore, di cui conosciamo meno – che ha “misurato” il suo contatto col mondo tramite la Parola – deduce, analizza, disserta su scenari immanenti.
Sembra di intravedere in Bianco la consapevolezza del fallimento della tradizione occidentale – la morte di dio, il nichilismo passivo – e in Nero la proposta di riscatto, di rinascita, di attesa.
Nero invita Bianco a mangiare con lui, unico momento di vicinanza. Il dialogo si allenta. È un pranzo eucaristico, sacrificale, Bianco sembra sul punto di tornare ad amare il mondo. È invece l’anticipazione della stoccata che Bianco infligge al suo salvatore, con una tragica arringa finale. Unica soluzione possibile: la morte.
L’ostacolo, ciò che si oppone al suo volere, andarsene, è la porta chiusa con chiavistello e catene. Limite e soglia da superare per rigettarsi nel mondo o sprofondare nel nulla.
“Mettere in scena questo testo – romanzo in forma drammatica come lo definisce lo stesso McCarthy, sottolinea Fabio Sonzogni – è far agire due cosmi contrapposti. Due sfondi contrari e antitetici che non approderanno ad alcuna sintesi, a nessuna conciliazione. Il loro dialogo separa, allontana, mai unisce. È scontro perpetuo, in movimento. È conflitto tragico. Le due dimensioni della Parola si affrontano fino all’apice della propria chiarezza, della coscienza di sé: proprio da quel crinale manifestano l’incapacità di comprendersi e accogliersi. L’attacco con l’arma più tremenda, la parola, svela la loro impotenza all’ascolto”.
(M.T.)