Spirto Gentil – guida all’ascolto

Press Meeting

Riprende il consueto appuntamento con le guide all’ascolto, tre per questa edizione, sul programma musicale della collana Spirto Gentil, fondata da don Luigi Giussani. Curatore Pier Paolo Bellini, compositore, musicologo e general editor della collana, in collaborazione da quest’anno con l’associazione Performing Arts. In programma questa sera l’ascolto di alcuni preludi di Rachmaninov, cui seguiranno la sinfonia incompiuta di Schubert e i concerti per pianoforte e orchestra di Mozart.

 

Bellini esordisce spiegando la lunga storia dei preludi di quest’autore, che raggiungono il numero canonico di 24 (uno per ogni possibile tonalità, secondo lo schema bachiano e poi chopiniano) in ben diciotto anni, con l’ultimo del 1913 che riprende e in qualche modo ribalta il primo, assai famoso, del 1892.

 

“Non voglio darvi il significato della musica – esordisce Bellini – ma almeno il senso si, la direzione cui guardare per capire”. Così introduce uno stilema proprio dell’autore, l’imitazione al pianoforte del suono delle campane, a testimonianza del sentire di Rachmaninov incardinato nel popolo russo: le campane accompagnano ogni momento triste o gioioso della vita. Si passa quindi all’ascolto del primo brano, il preludio op.23 n.5, che con la sua apparente banalità rappresenta uno schema di vita in cui “tutto è routine, anche se una improvvisa intuizione fa pensare che le cose potrebbero forse tradire improvvisamente il loro ultimo segreto”. A sostegno di ciò Bellini commenta il preludio con i primi versi de “I limoni” di Montale, col loro famoso “anello che non tiene”.

 

Il secondo preludio ascoltato, op.23 n.2, approfondisce il tema: l’intuizione è confermata e sviluppata, le cose possono cantare di gioia e le campane suonare a festa. Ma può essere sogno, o illusione, come testimonia il preludio successivo, op.32 n.10: il suono grave della campana, ribattuto all’infinito, descrive una solitudine che distrugge. Si dice che lo stesso Rachmaninov lo volesse come colonna sonora del suo funerale. Ed è Eliot a venire incontro a Bellini: “deserto e vuoto, e tenebre sopra la faccia dell’abisso”

 

“Di chi sarà l’ultima parola?” si chiede Bellini introducendo l’ultimo brano in ascolto, il preludio op. 32 n.13. E spiega che il brano che concluderà l’ascolto è proprio l’ultimo composto, con cui il compositore russo conclude il ciclo delle 24 tonalità. Se il primo era in modo minore, l’ultimo mantiene la stessa tonalità ma in modo maggiore. “Significa – spiega Bellini ad un uditorio attentissimo ed emotivamente coinvolto col peso del brano precedente – che le stesse campane adesso dicono qualcosa, affermano una verità”

 

Conclusione con don Giussani, che distingueva tra Rachmaninov, Beethoven e Chopin: il pianista russo “appartiene ad un popolo, cosa che gli consente un cammino meno tortuoso verso la pienezza”. “L’emergere dell’uomo – afferma Bellini a conclusione – non avviene in solitudine, ma in un popolo” e cita papa Francesco: è possibile rispondere in prima persona ‘credo’ solo perché si dice anche ‘crediamo’.

 

 

(A.C.)

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