Sono ancora i romanzi che raccontano l’uomo?

Redazione Web

Rimini, 21 agosto 2021 – «Noi più anziani siamo stati segnati da parole, pensieri e personaggi presi da romanzi, che ci hanno introdotti al mondo della cultura» esordisce lo scrittore Luca Doninelli, chiedendosi immediatamente se il romanzo è ancora al centro del mondo letterario. In tre brevi interventi da remoto, il critico letterario Massimo Onofri avverte che «da decenni il romanzo è in crisi, che forse è connaturata ad esso. Ma la morte di Philip Roth chiude il capitolo della narrazione pura». Per lo scrittore Alessandro Baricco «il romanzo si colloca sempre più in periferia nella mappa del senso. Adesso la narrazione passa dal cinema, dalla musica pop, dalla televisione, mentre il romanzo è più lento e richiede al lettore una certa immobilità fisica». Infine il filosofo Sergio Givone è meno categorico: «Il romanzo ha a che fare tutto e niente con le serie tv. Tutto, perché è comunque lo sviluppo di una trama, e niente, perché nelle serie non c’è inizio e non c’è fine. Il romanzo, come ospite non invitato, si imbuca tra una serie e l’altra».

Gian Mario Villalta, scrittore e poeta, direttore artistico del festival letterario Pordenonelegge, si unisce allo scetticismo di Givone e introduce il problema commerciale. In Manzoni «il capocomico si rivolge al volgo pagano che improvvisamente diventa rispettabile pubblico». Il pubblico di oggi «vive abitando bolle, per esso una pagina di romanzo non deve essere più distinguibile da quella di un blog», mentre non è più vero che «i personaggi sanno che moriranno, ma non che la loro storia finirà».

Marco Pisoni è sceneggiatore di serie televisive («lavora per il nemico», scherza Doninelli) e cita alcune date significative per il genere: 1993, prima serie (“Babylon 5”) scritta da una singola persona; 2000, le serie (“Soprano”, “Lost”) si fanno adulte; 2014, Nic Pizzolatto scrive da solo “True Detective”. La serie sta influenzando la letteratura, e infatti «spesso chi scrive un romanzo lo struttura come una serie, concludendo un capitolo in modo da invogliare a leggere il successivo». Amazon ha speso 150 milioni di dollari per i diritti del “Signore degli anelli”, che diventa «il prossimo romanzo che vedremo: né serie, né romanzo, ma intellectual property, qualcosa di conosciuto da cui si crea qualcosa di nuovo»

Carmen Pellegrino, scrittrice («e abbandonologa, nel senso che spesso scrive di luoghi abbandonati»), pone l’accento sui media. Rileva che il romanzo «è in conflitto con i social, la cui narrazione è rivolta a lettori con soglia di attenzione bassa». Viene quindi «violato il patto tra lettore e scrittore, e gli editori chiedono di alleggerire la trama, eliminando i brani dolorosi». Ma, dichiara con semplicità, «se manca l’arte la vita si impoverisce. È l’arte la vera realtà aumentata». Ricorda il senso della letteratura: «Mettere il lettore di fronte al destino», come fa Tolstoj narrando la morte di Ivan Il’ič: «…la solita idea che fosse toccato a un altro e non a lui lo rassicurò».

Pare quindi che il romanzo abbia ancora qualcosa da offrire al lettore. Se ha perso l’otto-novecentesca centralità come mezzo letterario, è ancora centrale, afferma Pisoni, per chi crea storie e fa immagine: «È come Tiresia. Tienilo in vita, è il tuo discapito».

(A.C.)

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