Non è necessario attendere le 19, con l’annunciato big match tra Fassino e Tremonti, per sentire parlare di politica al Meeting nella giornata di giovedì 23 agosto. A prima vista il tema dello “Snellimento della funzione pubblica” non è destinato a scaldare i cuori, eppure di politica nell’incontro delle 15 in sala Neri ce n’è stata parecchia, e non solo per la presenza di un ministro, Luigi Nicolais, che presiede non senza una certa verve alle riforme e all’innovazione nella Pubblica amministrazione. A dispetto del tema, solo apparentemente tecnico, il pubblico si è dimostrato particolarmente caldo.
E sì che tutto comincia in modo molto accademico, con una precisa disamina del moderatore, il professor Carlo Lauro dell’Università Federico II di Napoli, su 17 anni di tentativi per portare a termine questa benedetta cura dimagrante degli apparati statali, a partire dal 7 agosto 1990, data in cui entrò in vigore la legge 241. Riforma (anzi, riforme, perché i numerosi interventi in materia sono stati puntigliosamente ripercorsi da Lauro) poi applicata? “Sì, ma solo in parte, con tempestività e risultati alterni”, parola del professore napoletano, anche se per andare fino in fondo servirebbero strumenti di valutazione, iniziative di formazione del personale e una riorganizzazione complessiva del lavoro.
Sul perché di questo parto faticoso, il ministro Nicolais sembra non avere dubbi: “Pochi cambiamenti in 17 anni? Le tecnologie informatiche non erano mature”. Ora però non è più così. “Disponiamo di tutti gli strumenti informatici per riportare il cittadino al centro, mettendogli a disposizione le banche dati, controllando a posteriori e non solo ex-ante i risultati della pubblica amministrazione”. È chiaro che la ricetta non consiste appena in una dose – per quanto robusta – di tecnologia digitale. “È l’intera organizzazione del lavoro a dover essere ripensata in modo orizzontale”. La parola magica è “interoperabilità”: tutte le amministrazioni centrali e periferiche dovranno poter dialogare tra loro (sempre via computer). L’obiettivo va conseguito entro il 2008. Intanto, una legge che andrà in approvazione alla Camera il mese prossimo sancirà un divieto di proporzioni epocali: il “niet” al flusso cartaceo delle informazioni. Carta e penna vanno in pensione, almeno per alcuni provvedimenti, con l’obiettivo (a giudizio del ministro tutt’altro che utopico), di arrivare alla digitalizzazione nel giro di una quindicina d’anni.
Meno entusiasta delle informatiche sorti e progressive è il senatore Franco Debenedetti, consigliere del Gruppo COFIDE. “Ho passato una vita nella tecnologia”, afferma, “ma non c’è niente da fare: il primato rimane sempre della politica. È inutile razionalizzare l’inutile”, e scatta l’applauso, “il problema vero è la riduzione del peso e del costo della pubblica amministrazione”. Una riduzione che, a suo modo di vedere, “si farà solo sotto la spinta della necessità, per impellenti vincoli di bilancio. Come tutte le riforme in tutto il mondo”. Propone poi di rovesciare il problema: “È sbagliato parlare di quanti soldi si spendono e non di quanti se ne raccolgono, cioè di prelievo fiscale. Il carico fiscale va diminuito, alleggerendo la presa dello stato sulle tasche dei cittadini”. Argomento – come intuibile – che suscita in sala entusiasmo diffuso.
Il clima si scalda ulteriormente con Antonio Catricalà, il quale, nella sua veste di presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, si definisce “neutrale e terzo fra le parti” ma sa bene quali tasti toccare per scaldare il pubblico. “Se dodici anni fa una finanziaria ha bloccato le assunzioni, come mai oggi i dipendenti pubblici sono aumentati fino a toccare quasi i quattro milioni?” E giù applausi. “E perché, se c’è una legge che consente di avviare un’attività in sette giorni, per aprire un agriturismo in Calabria ci vogliono sette giorni più un anno, visto che l’Asl chiede un certificato di potabilità dell’acqua con quattro analisi, una per ogni stagione?” Ri-applausi. “E se dobbiamo informatizzare la Pubblica amministrazione, perché non cominciare dalla presidenza del Consiglio dei ministri, intasata da uno stuolo di collaboratori? La nostra burocrazia vive una second life”. Tripudio. “Noi pensavamo, illudendoci, di avvicinare i cittadini allo stato rendendolo trasparente, invece bisogna che sia l’amministrazione che si avvicina alla gente”. E come? Secondo Catricalà, tornando a una cultura dell’amministrazione in cui sia recuperato il valore della dignità del lavoro (al proposito cita don Giussani). “Ai funzionari si insegni a servire il cittadino. Ogni persona deve poter entrare in un Tribunale senza paura dei cancellieri, o peggio degli uscieri; accedere a un ufficio pubblico sentendosene quasi l’azionista, quello che con le tasse paga la luce, l’energia elettrica, gli stipendi dei funzionari e, perché no?, anche dei politici”.
Solo una battuta di replica, infine, per il ministro. “Quando la Fiat pensiona un operaio, non lo paga più; quando lo Stato manda a riposo un dipendente, continua a pagarlo”. Argomento non irrilevante, ma insufficiente a calmare chi in sala invoca ad alta voce drastici tagli del personale.
E.A.
Rimini, 23 agosto 2007