Un secolo fa solo una persona su sette viveva in città. Oggi metà della popolazione mondiale abita in un agglomerato urbano. Secondo le Nazioni Unite nel 2030 saranno cinque miliardi gli individui residenti in una metropoli. Come pensare un nuovo modello di sviluppo dei tessuti urbani, come coniugare la richiesta di una migliore qualità della vita con la rivoluzione delle nuove tecnologie ICT, sono temi al centro di una riflessione sempre più allargata e diffusa. L’argomento è stato al centro del dibattito “Senso della comunità e smart cities” (in collaborazione con Unioncamere), svoltosi nella Sala Neri, nella giornata inaugurale del Meeting dell’Amicizia. Protagonisti: Cristiano Radaelli, vice presidente di Confindustria Digitale e Anitec; Carlo Ratti, direttore del MIT Senseable City Lab; Nicola Villa, direttore del Global Public Sector di Cisco. A introdurre i relatori Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere.
“Dobbiamo pianificare un nuovo modello di città, in grado di integrare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e la loro ricaduta sulla nostra vita. Da quella lavorativa a quella sociale – ha spiegato Cristiano Radaelli – Il vecchio schema culturale e urbanistico con cui dividevamo le metropoli in aree lavorative, residenziali e del tempo libero non corrisponde più alle nostre esigenze. È necessario che la politica, le imprese, soprattutto i cittadini, condividano e scelgano nuovi obiettivi e percorsi. Oggi il mondo della produzione è cambiato, non si producono più solo beni materiali ma innovazione e conoscenza. I luoghi che offrono tutto ciò sono i più attrattivi per le persone. Pensiamo alla Silicon Valley rispetto a città industriali in declino come Detroit”.
Nicola Villa da parte sua ha sottolineato la necessità di pianificazione: “A Barcellona ogni volta che si apre uno scavo insieme a luce, gas, acqua, vengono posati i cavi della banda larga. Lavorano ‘a prova di futuro’. Rendono accessibili a tutti i miliardi di dati presenti oggi in rete. Internet, la banda ultralarga devono essere al centro del nostro futuro urbanistico”. Insomma, dati su traffico, tempo, trasporti pubblici, eventi, servizi sanitari a portata di un clic di ogni cittadino. Più che smart cities, per i relatori il tema sembra essere quello degli smart citizen. Persone in grado di gestire meglio il loro lavoro, le loro relazioni e trovare così maggiore occasioni d’incontro e rapporto con gli altri. In sintesi di migliorare la loro qualità di vita.
Intervento di chiusura per Carlo Ratti. Secondo la rivista Wired, è una delle cinquanta persone al mondo che cambieranno la nostra vita: “Da migliaia di anni ci raccogliamo nelle città. Solo che oggi possiamo farlo in modo più flessibile e forse più vicino ai nostri veri bisogni. Le Ict possono modificare in modo positivo i nostri comportamenti. Per esempio, a Seattle abbiamo tracciato con dei chips migliaia di oggetti destinati a diventare rifiuti. Dopo due mesi molti di questi erano ancora in viaggio tra discariche di tutti gli Usa. Quando l’hanno saputo, alcune persone hanno smesso di bere acqua in bottiglie di plastica. Da allora solo vetro. Il vetro è riciclato in città, la plastica viaggia per mesi in tutto il Paese prima di essere smaltita”.
(C.B.)