Scuola, sistemi di istruzione e capitale umano

Press Meeting

“Al Meeting è tradizione un incontro sulla scuola, alla presenza del ministro in carica, perché l’istruzione è alla base dello sviluppo e dell’emergenza uomo”, tocca a Giorgio Vittadini introdurre il tema di questo incontro dal titolo “Scuola, sistemi di istruzione e capitale umano” nel Salone D5 alle 15. Oltre al ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, Maria Chiara Carrozza, partecipa Andrea Cammelli, docente di Statistica sociale all’Università di Bologna e direttore di AlmaLaurea, un organismo che si occupa di raccolta dati su tutto il mondo universitario. Al ministro sono rivolte tre domande.
La prima, presentata da Fabrizio Foschi, presidente di Diesse didattica e innovazione scolastica, riguarda gli insegnanti: non un funzionario, ma persona che crea un rapporto con gli alunni. Che cosa si può fare per valorizzare la carriera docenti? I governi precedenti hanno mortificato e illuso i docenti su questo punto.
La seconda formulata da Giovanni Cerati, un giovane che ha concluso il corso Tfa: per il reclutamento rimane il concorsone oppure si pensa ad altre vie?
Marco Masi, responsabile scuola CdO, fa una domanda sul tema dell’autonomia e del riconoscimento delle scuole paritarie (come da legge 62/2000), alle quali è assegnato lo 0,9 per cento delle risorse, e quindi sulla libertà di scelta.
Maria Chiara Carrozza entra subito nel dettaglio affermando che bisogna distinguere le risposte nel breve e nel lungo periodo. Il sistema dell’istruzione ha due segmenti, la scuola e l’università, che non sono due realtà distinte. “La scuola per la spesa pubblica è stata un salvadanaio a cui attingere – ha detto il ministro – creando precarietà”. Bisogna capire quanti insegnanti servono e come distribuirli sul territorio: la scuola sta in piedi sull’organico di fatto e non su quello di diritto, creando così 70mila precari. Parlando della carriera il ministro afferma che si affronta con il contratto. “L’insegnante ha un ruolo diverso dal passato – aggiunge -, ha un ruolo di integrazione: da tanti alunni diversi per cultura deve costituire una comunità omogenea, tutti con lo stesso diritto di cittadinanza pur nella libertà delle scelte personali”.
La seconda domanda fa riflettere sulla disoccupazione giovanile: “Obiettivo della politica è trovare le vie di uscita per non sprecare talenti”. Aggiunge: “Preferisco parlare di emergenza giovani piuttosto che emergenza uomo. Essere giovane significa liberarsi da tutti i contesti, prendere coscienza di se stessi e pensare a costruirsi il futuro”. La scuola attuale ha una concezione novecentesca, se non ottocentesca, perché non è fatta per una formazione che duri tutta la vita: va ridisegnato tutto il sistema per preparare il futuro. “L’importanza della sussidiarietà è fuori discussione, ma esiste un caos organizzativo tra le competenze di stato, regioni, province e comuni”. Conclude: “I giovani desiderano essere produttivi e il sistema di istruzione deve dare gli strumenti per portare l’Italia fuori dalla crisi”.
Riprende la parola Vittadini ricordando che la CdO ha organizzato il primo convegno sulla scuola nel 1987, quindi passa la parola al professor Cammelli perché illustri la situazione universitaria. Andrea Cammelli, aiutandosi con grafici molti precisi, in estrema sintesi mostra che l’Italia è all’ultimo posto, o quasi, negli investimenti per la formazione e la conseguenza è che siamo agli ultimi posti anche come dirigenti con laurea. “Il contadino, anche in periodo di carestia, non risparmia sulla semina”.
Altro giro di domande al ministro: sul diritto allo studio e sulla formazione post lauream (dottorato).
Il ministro risponde partendo da lontano: i giovani sono disorientati e dovrebbero pensare al futuro già a 14/15 anni con un orientamento in itinere. Temono anche – ha aggiunto – di non mantenere il livello sociale raggiunto dai genitori, mentre la scuola è sempre stata uno strumento di elevazione sociale. “Il diritto allo studio è in Costituzione, ma mancano 160 milioni. L’autonomia deve avvenire nella responsabilità con la trasparenza data da rendicontazioni pubbliche in modo che neppure un euro sia sprecato”. Parlando di dottorati, si dice convinta che la formazione di terzo livello sia essenziale se vogliamo rimanere un paese manifatturiero. Ultimo punto per il ministro è che l’università deve dar conto degli sbocchi occupazionali.
“Si diceva che il motore dell’economia fosse l’edilizia – conclude Vittadini – No! È l’investimento in capitale umano. Noi spendiamo poco per la scuola e niente per l’università e per questo siamo in crisi economica”.

(A.B., G.L.)

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