“La scienza può essere descritta come la possibilità di porre domande alla natura: se i quesiti sono buoni, validi e posti al momento giusto, la natura risponde. Questa è la più bella scoperta che può capitare ad uno scienziato, questa è l’avventura della ricerca scientifica”. Queste parole di Xavier Le Pichon, Docente di Geodinamica al College de France, descrivono bene il senso dell’incontro di questa mattina, nel quale Marco Bersanelli, Docente di Astrofisica all’Università degli Studi di Milano ha provocato con una serie di domande tre scienziati di fama mondiale nei loro rispettivi ambiti di studio e lavoro: “Come si può parlare di verità e di uso della ragione nella ricerca scientifica? Come si giunge ad una scoperta scientifica? Come nasce la passione e l’interesse per la scienza? Come questo può durare nel tempo?” sono solo alcune delle domande poste ai relatori.
“ Mi ha sempre interessato lo studio della matematica, dell’algebra; lo studio di problemi tuttora aperti come la dimostrazione dell’ipotesi di Riemann. Quand’ero giovane incontrai il prof. Davenport, mi propose alcuni progetti sui quali lavorare insieme; non me ne piacque nemmeno uno; ne proposi uno io, lui accettò, lavorai ininterrottamente tre giorni di fila e gli consegnai il lavoro ultimato. Forse è stato il lavoro più importante che abbia mai prodotto. Nella ricerca scientifica bisogna studiare, provare (e anche sbagliare può essere di aiuto) e seguire l’ispirazione quando viene” ha raccontato Enrico Bombieri, matematico, Docente alla School of Mathematics presso l’Institute for Advances Study di Princeton, precisando poi che “ già quando ero molto piccolo mi appassionai alla matematica e fu fondamentale per me incontrare il prof. Ricci, che mi prese sotto la sua ala e mi aiutò a trovare presto la mia strada nel modo più adeguato”.
Una decisa sottolineatura dell’importanza della curiosità che deve sottendere l’attività di ricerca scientifica, del desiderio di capire come e perché funziona la realtà che ci circonda, è stata fatta da Paul Davies, Fisico, Cosmologo e divulgatore scientifico: “Non sempre si sa se quello che si sta studiando e ricercando è importante; è necessario avere chiaro ciò che si vuole dimostrare e qual è la domanda che genera la ricerca. Con un mio studente ci siamo interessati della questione dell’evoluzione dell’universo dopo il Big Bang, di come mai si siano formati “grossi grumi”, come le galassie, e abbiamo provato ad applicare la teoria quantitativa alla sua dinamica di espansione, verificando che anche all’inizio l’universo non era completamente uniforme ed equilibrato ma presentava piccole variazioni di densità della materia, provocate dagli effetti quantitativi”.
Tutti e tre i relatori hanno descritto in sintesi di che cosa si stanno occupando attualmente, come lo studio della dimostrazione dell’ipotesi di Riemann per Bombieri (“l’ispirazione va e viene, lavoro a quello studio, poi mi fermo, ne inizio un altro, poi lo riprendo…”), l’origine della vita per Davies (“questa è avvenuta una volta sola in modo unico e irripetibile o esistono dei fattori e delle condizioni che ne permettono il suo emergere, e quindi può essere ripetuta? Non bisogna dare per scontato che la vita sulla terra abbia avuto un’unica origine: sto studiando se proprio qui sulla terra esistono forme microbiche composte in modo differente da quello che solitamente conosciamo”), e lo studio della tettonica a placche per Le Pichon, in particolare nel tentativo di valutare lo stato delle faglie in alcune zone del pianeta che presentano particolarità e rischi di attività sismiche (“nell’estate del ’67 ho lavorato tutte le notti per capire come si spostavano e con che velocità le placche in alcune aree della terra”).
Il dialogo tra Bersanelli e i tre relatori non si è limitato ad una descrizione tecnica delle loro attività ma è entrato nel merito della loro esperienza personale, delle loro impressioni e dei loro scopi: “credo di essere sempre stato un fisico” ha affermato Davies “la scintilla che avevo all’inizio non si è ancora affievolita perché mi piace capire il senso di ciò che mi circonda, che mi affascina e stupisce”.
Infine, rispetto alla possibilità che esista un nesso tra le verità parziali a cui giunge la conoscenza scientifica e una Verità come destino dell’uomo, nessuno dei relatori si è esentato dal dare una risposta chiara e precisa: “la matematica non è tutto quanto” ha detto Bombieri “se voi non foste qui adesso ad ascoltarmi la matematica che studio sarebbe inutile; la verità scientifica è soggetta a cambiamenti, la Verità ultima non possiamo raggiungerla da soli, ci viene incontro con Dio”. “ Tutto nell’universo è regolato da uno schema, da precise regole matematiche, nulla è casuale o scontato e la scienza è lo strumento che io ho per entrare più a fondo nel significato di questa realtà, consapevole del fatto che c’è comunque qualcosa di più grande che sta dietro a tutto” ha affermato Davies, provocando a sua volta Le Pichon: “La scienza serve per trasformare il mondo e vivere meglio, ma non dice in che direzione bisogna andare, non ci dà la verità ultima. Gli uomini con i loro ideali e le loro scelte decidono cosa fare dei risultati scientifici acquisiti: gli scienziati non devono isolarsi perché l’ultima parola non è della scienza” ha concluso, descrivendo la sua personale esperienza di vita e di convivenza in una comunità con persone disabili e affette da problemi psichici che lo hanno aiutato a capire che “non posso continuare nella scienza abbandonando tutti gli altri”.
M. C.
Rimini, 20 agosto 2007