Dedicato alla ricerca scientifica l’incontro svoltosi questo pomeriggio alle 17 al Meeting per l’Amicizia tra i Popoli di Rimini, con gli interventi di Marco Bersanelli, Docente di Astrofisica presso l’Università degli Studi di Milano, e George Ellis, illustre scienziato e Docente Universitario presso l’Università di Città del Capo, vincitore del premio Templeton 2004.
Bersanelli ha rotto il ghiaccio con un paradosso: più che capire che cos’è la scienza, gli piacerebbe capire cosa la scienza non è, individuare i limiti del metodo scientifico. La scienza infatti non è in grado di rispondere alle domande ultime che costituiscono il cuore dell’uomo, e quando prova a farlo è violenta, impone un metodo inadeguato, si comporta ideologicamente, oppure si macchia di riduzionismo, non considerando la portata totale di queste domande. Anche il Papa nel salutare la 25ma edizione del Meeting per l’Amicizia tra i Popoli ha messo in guardia dal pensare che l’opera dell’uomo possa trovare in se stessa la giustizia dei suoi obbiettivi.
George Ellis ha espresso immediatamente un concetto che nella comunità scientifica odierna, per quanto essa sia sempre più lontana da posizioni di scientismo puro, continua ad essere fortemente osteggiato: che il tutto non è dato da una semplice somma di parti. Fosse così sarebbe sufficiente studiare con la scienza più appropriata la “parte” in questione e mettere insieme i saperi per giungere alla conoscenza perfetta su quell’oggetto (o fenomeno). Ma così non è.
Secondo Ellis il campo d’azione della scienza deve comprendere tre macroclassi: il grande, il piccolo e il complesso. Finchè ci si limita a considerare il grande e il piccolo, stelle ed atomi, non è un’eresia sostenere che scienze come la chimica e la fisica sono alla base di tutto. È quando si ha a che fare coi sistemi che questa convinzione crolla: Ellis individua due tipi diversi di processi, dal basso verso l’alto (la composizione chimico-fisica di un corpo può influenzare la sua forma, la sua capacità di sopravvivenza, il suo utilizzo da parte di altri elementi del sistema) e dall’alto verso il basso (determinati ad esempio dal volere degli uomini che per adempiere un loro progetto modificano l’ecosistema). La scienza è in grado di descrivere le modificazioni della materia che avvengono in ogni passaggio, ma, ad esempio, non è in grado di dire nulla della causa che sta dietro ai processi dall’alto verso il basso.
Argomento successivo è quello del cervello umano: esso è in grado di leggere un testo, di percepire delle emozioni, di ammirare un quadro, la scienza sa che tipo di modificazioni avvengono al verificarsi di ognuna di queste eventualità, quello che la scienza non può stabilire è un’unità di misura per la bellezza di una persona o di un quadro, essa non è in grado di dire cosa sia l’amore. La descrizione fenomenica che la scienza può dare è vera, certa, ma non è tutta e sola la verità. Quando invece pretende di far passare come verità intera quella che è pur una verità, ma solo parziale, la scienza diventa fondamentalista.
Ancora, la scienza è in grado di dire cosa è tecnicamente possibile e cosa invece non lo è, ma non ha in sé un criterio di giudizio per dire se una cosa sia buona o giusta, non esiste un’unità di misura per il bene e il male. La scienza, se vuole essere veramente strumento di ricerca della verità, deve appoggiarsi necessariamente su fede e speranza: basta pensare a un qualsiasi esperimento in cui non si sa ancora che cosa si scoprirà alla fine.
Bersanelli ha in conclusione ringraziato sentitamente Ellis per avergli reso nuovamente presenti i limiti della scienza (solo rimanendo all’interno del suo campo di conoscenza può infatti pretendere con diritto di giungere a verità forti) e ha citato nuovamente l’augurio del Papa a volgere uno sguardo stupito su tutte le cose e a mantenere l’umiltà necessaria ad evitare le conseguenze nefaste dell’arroganza.
F. T.
Rimini, 24 agosto 2004