Non solo a Madrid. Benedetto XVI ha voluto oggi essere presente anche a Rimini all’apertura del Meeting per l’amicizia fra i popoli con un messaggio inviato al vescovo monsignor Francesco Lambiasi e letto dalla presidente della Fondazione promotrice dell’evento, Emilia Guarnieri, prima della celebrazione della messa all’apertura dei saloni fieristici, alle 10 in auditorium D7. Un messaggio che partecipa di alcune riflessioni nate proprio dal titolo di questa trentaduesima edizione – “E l’esistenza diventa una immensa certezza” -. Riflessioni riprese poi anche da monsignor Francesco Lambiasi che ha presieduto la celebrazione eucaristica assieme al cardinale Antonios Naguib, patriarca di Alessandria dei Copti-Cattolici; monsignor Ivan Jurkovic, nunzio apostolico a Mosca; father Richard Duffield, provost dell’Oratorio di San Filippo Neri a Birmingham; padre Romano Scalfi, fondatore di Russia Cristiana, don Stefano Alberto e don Roberto Battaglia.
L’omelia del vescovo di Rimini è partita dalle parole di Pietro “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente”. “I cristiani – ha affermato – non hanno paura di riconoscere che queste parole rappresentano uno scandalo invalicabile per la ragione umana. Chi è dunque nella sua più profonda identità questo Gesù di Nazaret? Cosa possiamo rispondere noi se ci lasciamo folgorare dalla sua domanda rovente: ‘Ma voi chi dite che io sia?’”. È una domanda che ha attraversato, con diatribe e rischi interpretativi, venti secoli di storia e che noi ora possiamo leggere in senso bidirezionale: Gesù è figlio di Dio, il figlio di Dio è Gesù”.
“Nel centro pulsante del messaggio cristiano non si incontra solo la divinità di Cristo ma si intercetta pure l’umanità di Dio – ha continuato il presule –. L’incarnazione va presa sul serio: facendosi uomo, Gesù è stato ‘messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato’ (Eb 4,15). Non prendere sul serio queste pagine evangeliche significa ridurre Gesù Cristo a un superman o a un attore divino che recita la parte dell’uomo. Al posto di un Dio vivente che si è fatto uomo, ci ritroveremmo fatalmente una idea evanescente di Dio fatta dall’uomo. Ma sarà al mattino di Pasqua che Simon Pietro misurerà l’altezza, la lunghezza, la profondità del mistero di Cristo. Che non è un complicato rebus teologico, ma è in tutto e per tutto un mistero di amore”.
“La Chiesa – ha concluso il vescovo di Rimini – è la compagnia di quanti condividono con Pietro-Benedetto che credere vuol dire ‘tuffarsi nell’universale apertura di un incondizionato amore’. E confessare Cristo vuol dire ‘accogliere l’appello dell’amore come rivendicazione della fede’. Solo così l’esistenza diventa una immensa certezza”.
(D.R., A. S.)
Rimini, 21 agosto 2011