Sono le 20, l’arena D7 si riempie di canti. Canti dal mondo. Sud America, Africa, Nuova Zelanda, Irlanda e Italia. Sono queste le nazioni da cui provengono i canti eseguiti dall’imponente coro che si compone man mano che appare sulla scena. “Canta per il mondo” è il nome dato al laboratorio di canto promosso dall’associazione di famiglie riminesi ‘Il ponte sul mare’, dal gruppo vocale ‘Amarcanto’ e dalla cooperativa di prevenzione e disagio giovanile ‘Centro open’. Queste realtà, unite da un’amicizia nata condividendo l’impegno educativo, hanno dato vita alla piacevole ouverture della serata, che non dimentica il significato del Meeting: ascoltandoli si ha l’idea di un popolo (variamente composto) che canta insieme felice di farlo.
Alle 20.45 cambia lo scenario. Sorella Teresa (suora della congregazione di fratel Ettore Boschini, nominata dal servo di Dio responsabile a vita della sua opera) introduce lo spettacolo e racconta brevemente la vita di Sabatino. “Il 20 agosto abbiamo ricordato i dieci anni della morte di fratel Ettore ed è per questo che abbiamo deciso di creare lo spettacolo che è rappresentato in anteprima proprio qui al Meeting”. “Ci sono profeti che scrivono, che parlano, che si fanno conoscere: diciamo i profeti maggiori – continua sorella Teresa – poi ci sono i profeti minori, quelli che non parlano molto, quelli che si fanno conoscere poco. Sabatino era uno di questi. Non appariva neanche nelle foto di gruppo, perché si metteva sempre dietro, il suo viso era sempre nell’ombra. Fu il primo a seguire e aiutare fratel Ettore, che dopo la morte di Sabatino, continuava a dirci: ‘parlate di lui’”.
Sorella Teresa continua la sua presentazione padroneggiando la scena (scopriremo che, prima della conversione, fu attrice teatrale) e si inserisce magistralmente nello spettacolo senza soluzione di continuità. Veniamo così a sapere che Sabatino fu il primo a seguire e ad aiutare il frate camilliano, si spese silenziosamente e con discrezione per la causa dei poveri, morì a 34 anni di polmonite durante un nubifragio che colpì Milano nell’agosto del 1982. Quella notte, nonostante il maltempo, continuò la consegna dei pasti caldi per i suo amici barboni. Aveva una grave malformazione cardiaca che non resse alla violenta infezione polmonare.
Sul palco, alcuni ex senzatetto (sono loro gli attori di questa strana narrazione) ‘interpretano’ Sabatino, un manichino artigianale che ricorda le forme eleganti e stilizzate di De Chirico. Hanno le braccia legate con un elastico ai polsi della grande marionetta. Gliele prestano, per dargli vita. E il messaggio che ti arriva è che mentre loro gli trasmettono energia, egli viva in loro. In un gioco di luci e ombre proiettate su schermi bianchi con lavagne luminose, si snoda la storia del giovane salernitano. La povertà degli strumenti non diminuisce efficacia, attrattiva e suggestione, anzi, se possibile l’aumenta. Si creano immagini vivide, dolci e reali. In uno pseudo cartone animato reso vivo da sette attori scalcinati ma immedesimatissimi, si ha l’impressione di avere di fronte un uomo povero come noi, debole e taciturno eppure terribilmente vivo. Reso vivo, più uomo da un incontro. Così nell’ultima scena che vede correre il manichino sulle strade di Milano, sulle note di ‘The last beat of my heart’ di DeVotchKa, ti sorprendi a pensare: forse davvero era un santo.
In effetti Sabatino Iefuniello muore in odore di santità. Sono tante le persone che possono testimoniare della sua radicale dedizione agli ultimi, la chiamata a servire Cristo nei poveri che egli sentì fin da giovane e ai quali dedicò ogni minuto libero del suo tempo. Qualche anno dopo la sua morte si è aperto il processo diocesano di beatificazione, che è ancora in corso. Ora è servo di Dio.
(M.G.D’A.)