«Una mostra che è una necessaria ricostruzione storica di quanto avvenuto, ma che vuole anche scandagliare le ragioni di quanto avviene. Ragioni sia superficiali ed evidenti che profonde, vale a dire il sogno dei protagonisti, ma anche l’illusorietà di quel sogno». Così monsignor Francesco Braschi, dottore della Biblioteca Ambrosiana e presidente della Associazione Russia Cristiana, ha introdotto l’incontro di presentazione della mostra “Russia 1917. Il sogno infranto di un mondo mai visto”, svoltasi alle 19 nella sala Poste Italiane A4.
Boris Belenkin, filologo e storico, è anche direttore della Biblioteca “Memorial”, che ebbe come fondatore Andrej Sacharov. Ha esordito ricordando che in Russia «ci sono stati 70 anni di un regime che ha sempre proposto una visione non ‘oggettiva’ dei fatti del 1917». Ma ha fatto notare come, anche dopo la caduta dell’URSS, ci sia stata una ‘politicizzazione’ della storia, che ha limitato l’interesse sull’argomento a pochi storici di professione.
«Il male dell’ideologia non sta nei suoi contenuti, ma nella pretesa di sostituire il reale». Adriano Dell’Asta, professore di letteratura russa all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha così spiegato il percorso storico-culturale di quanto successo nel 1917. Una rivoluzione dalle radici profonde, alla quale i bolscevichi, col colpo di stato del tasto del 25 ottobre, diedero la svolta determinante. Ha ricordato le decine di attentati del terrorismo nichilista che avevano colpito la Russia imperiale, senza trovare altra risposta che la repressione poliziesca. La società era incapace di rendersi conto di quanto stava accadendo, così come la corte zarista e la stessa Chiesa ortodossa. Fenomeno spiegato molto bene, secondo il professor Dell’Asta, da autori che «avevano abbandonato la loro tradizione russo-ortodossa, ma che poi capiranno il dramma che stava avvenendo», come Bulgakov, Berdjaev, Truve e Frank. E il bolscevismo, giunto al potere come liberatore, ha poi provveduto a distruggere tutto: dalla famiglia alla chiesa, fino all’alienazione dell’io.
Massimo Ciambotti, pro-rettore dell’Università degli studi “Carlo Bo” di Urbino e presidente della Fondazione Claudi, ha spiegato che il coinvolgimento di quest’ultima nella mostra è dovuto ad un profondo interesse del filosofo Claudi alle problematiche della società nata dalla Rivoluzione del 1917. Monsignor Antonio Mennini, arcivescovo titolare di Ferento, della Segreteria di Stato della Santa Sede e già Nunzio apostolico nella Federazione Russa, ha illustrato le problematiche riguardanti la Chiesa ortodossa e i suoi rapporti con le altre confessioni.
In chiusura, Belenkin ha presentato i una nuova mostra che sta terminando di allestire a Mosca e che riguarderà gli eventi dopo le rivoluzioni del 1917 (sia quella di marzo, sia il colpo di stato del 25 ottobre), basandosi su documenti ufficiali e su altre fonti anche giornalistiche.