Un’affollata e calorosa Hall Sud Sala Neri ha dato il benvenuto, alle 11:15, a un ospite ormai tradizionale del Meeting, Joseph H. H. Weiler, university professor alla NYU School of Law e senior fellow al Center for European Studies at Harvard. A introdurlo don Stefano Alberto, professore di teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano: «L’amicizia più grande è quella che noi cristiani chiamiamo comunione. La condizione è che ognuno conservi in sé la fiamma viva del cuore dell’altro, in un’appartenenza reciproca. Per questo motivo abbiamo invitato Weiler: per approfondire come il Mistero, il Dio di Israele, si impasta con la vicenda degli uomini che ha prediletto».
Weiler propone al pubblico presente in sala la lettura testuale di Genesi 25, 19-34; 26, 34-35; 27, 1-41. I versetti contengono parte della storia di Giacobbe, il grande ingannatore. Anche lui, come i personaggi biblici più importanti, «commette azioni non buone. Ma perché Dio li sceglie?». È la prima domanda con cui il rabbino, coerente col suo stile, entra in dialogo col pubblico che, vivace e diretto, risponde: «Dio permette che ci confrontiamo con essi», «È più facile indentificarsi», «Dio mostra la sua misericordia». Col professore le risposte sono sempre passi di avvicinamento all’interpretazione più compiuta: «Nella Bibbia troviamo un Dio che favorisce chi lotta: tutti quei personaggi sono segnati da “cambiamenti”».
Impostato il metodo, il professore propone tre domande: perché Giacobbe “ruba” la primogenitura a Esaù? Si può giustificare il suo atteggiamento? Quale significato s’intravede nelle vicende di Giacobbe? Il “botta e risposta” fa emergere la raffinatezza dei contenuti biblici. Si comprende che dopo Abramo, l’elezione non passa su Isacco, ma su Rebecca, la madre di Giacobbe. Quando Giacobbe propone al fratello il piatto di lenticchie in cambio della primogenitura «ha la prova che il fratello non è l’eletto». Rebecca chiederà a Giacobbe di obbedirgli, apparentemente senza motivo, nell’ingannare Isacco; dalla risposta di Giacobbe si intuisce che il personaggio biblico avverte la responsabilità della promessa che cade sulle sue spalle: «Da quel momento la sua vita sarà una tortura e pagherà un prezzo personale enorme». Sarà lui però il padre della tradizione ebraico-cristiana.
«Una storia», ha affermato don Stefano Alberto, «che ci richiama al valore dell’esperienza. Non basta aver capito, sapere già: questa è la sfida più dolce, perché è in ballo il destino, e allo stesso tempo tremenda, perché tutta la libertà è chiamata a mettersi in gioco». «Non è spiritualismo», ha sottolineato concludendo il sacerdote, «è rendersi conto che la nostra storia è un disegno che ci supera e ci precede, ma che senza di noi non può accadere nel tempo e nello spazio».