Ripartire dal basso, implicarsi per il bene di tutti

Press Meeting

Rimini, 21 agosto 2015 – Che fine ha fatto la politica. E come si pone oggi di fronte alla politica il movimento di Cl? L’ha abbondonata o è in cerca di nuovi modi e forme per riportarla alla sua base ideale, fatta di spirito di servizio e sempre orientata al concetto di bene comune? E ancora, come riannodare il rapporto, la partecipazione attiva tra individui, politica e partiti? Con queste domande che riguardano anche ogni cittadino italiano, indipendentemente da fede o appartenenze ideali, Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, ha aperto il dibattito “Ripartire dal basso, implicarsi per il bene di tutti” (sala Eni – padiglione B1). Titolo e tema sono ripresi da un volantino diffuso da Cl prima delle ultime elezioni amministrative e su cui sono stati chiamati a riflessione e confronto il presidente emerito della Camera Luciano Violante e il sociologo dell’Università Cattolica di Milano, Mauro Magatti.
Violante sottolinea che la frattura e la distanza tra cittadini e politici non è mai stata così forte nella storia del nostro Paese: “I partiti non esauriscono le dimensioni della politica che sono molto più ampie; quest’ultima è una visione del mondo e i partiti gli strumenti utili per realizzarla e risolvere i problemi della società, altrimenti la politica si allontana dal concetto di servizio al bene comune e diventa solo utilizzo di un potere lontano dalle persone”. Il mondo della politica e la società non comunicano più, si è rotto il rapporto tra partiti e società, perché la partecipazione dei cittadini non può ridursi solo al voto. Gli italiani devono avere la possibilità di partecipare alla scelte, di contribuire al dibattito, alla discussione.
Il presidente emerito della Camera sostiene che essere chiamati sovente al voto, siano primarie, amministrative o politiche, non è sufficiente a garantire reale partecipazione. Il dialogo e il confronto con cittadini e corpi sociali intermedi è infatti garanzia di una democrazia reale e funzionante. Oggi invece la notorietà del politico si è sostituita alla fama, la popolarità nei sondaggi alla stima, “dare un segnale forte” si è sostituito alla fatica di spiegare la complessità delle cose “e tutto ciò ha portato a aumentare ancora la distanza tra persone e le persone che devono o dovrebbero rappresentarla”. Siamo di fronte a una banalizzazione della politica, ha aggiunto, per cui i cittadini devono diventare attori per cambiare la politica e i corpi intermedi sono necessari per fare partecipare le persone alla costruzione del bene comune. “Per trovare una risposta alla crisi della politica occorre recuperare memoria, conoscenza e fiducia – ha continuato l’ex parlamentare – troppo spesso infatti l’antipolitica dà un’immagine per cui tutti sono corrotti e niente funziona: ma le cose non stanno così. Ci sono anche tanti politici onesti, competenti e tante cose che funzionano bene nel nostro Paese. A queste dobbiamo guardare con fiducia”.
Magatti sostiene che dopo la crisi del 2008 si è aperto il ventunesimo secolo, un’era nuova in cui non ci sono mappe precise per orientarsi. La società italiana stenta da molto tempo a ritrovare un bene comune fra le sue componenti, in quanto manca la coscienza di cosa l’Italia abbia da dare al mondo. “Oscilliamo tra il correre dietro gli altri paesi e ingigantire i nostri difetti”, ha osservato il sociologo. “Bisogna innestare una nuova circolarità positiva fra politica e cittadini, in modo che ognuno faccia la sua parte: i cittadini partendo dal basso e la politica aiutando le esperienze positive in atto. La società civile deve sicuramente riprendere il suo ruolo ed creare nuove esperienze istituende che diano una spinta al cambiamento sociale e politico, perché nelle fasi di transizione storica, come l’attuale, si è sempre ripartiti dal basso”.
Nella crisi italiana esiste poi una precisa responsabilità dei cattolici, che si declina in termini di comprensione e di contributo che possiamo dare per uscirne. “Il tema dei migranti – ha esemplificato il relatore – deve interpellarci per trovare risposte che trasformino il problema in una risorsa, come fece don Bosco con i figli degli operai creando gli oratori”. Secondo Magatti il passaggio tra prima e seconda repubblica ha portato a una progressiva scomparsa della presenza cattolica nella politica: “Non si tratta di pensare a un’Italia neo-cattolica ma riflettere sul fatto che una parte importante della storia, della tradizione e dell’identità di questo Paese deve contribuire a un nuovo processo istituente”.
Per questo la stagione che stiamo vivendo richiede l’elaborazione di nuove forme di partecipazione alla vita sociale e di costruzione di istituzioni in grado di cogliere bisogni e complessità del ventunesimo secolo. Per Magatti “società civile, corpi intermedi e cittadini devono ricostruire il senso della comunità attraverso le loro opere, superare la logica del consumo che crea crescita per arrivare a quello della produzione di valore e di senso. Si deve fare nelle imprese, nella scuola, nel welfare di comunità e nella rete. La generatività sarà il punto di forza di una democrazia avanzata”.

(C.B., A.S.)

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