RICOSTRUIRE L’IO PER LIBERARE GLI ALBANESI DAI FANTASMI DELLA STORIA “Albania, athleta Christi. Alle radici dell’identità di un popolo”

Press Meeting

Giorgio Castriota Skanderbeg, i martiri del clero uccisi dal regime comunista e Madre Teresa: sono questi tre capisaldi della fede e della cultura cristiana albanese a indicare il percorso della mostra “Albania, athleta Christi. Alle radici dell’identità di un popolo” (padiglione C5). La testimonianza viva di questi personaggi, molti dei quali sconosciuti, presenta un’Albania diversa dallo stereotipo di Paese a maggioranza musulmana devastata dall’ateismo comunista. La riscoperta del cristianesimo e della religiosità ha spinto alcuni giovani albanesi residenti in Italia a realizzare la mostra in occasione dei cento anni dell’indipendenza dell’Albania. L’incontro di presentazione è avvenuto oggi alle 19.00 in Sala C1 Siemens. Alla conferenza sono intervenuti Teodor Nasi, curatore dell’esposizione e avvocato, Adrian Ndreca, docente di filosofia e direttore dell’Istituto per lo studio dell’ateismo e delle culture (Isa) alla Pontificia università urbaniana, Agron Tufa, poeta e saggista direttore dell’Istituto degli studi sui crimini di Tirana. Ha moderato l’incontro Giorgio Paolucci, caporedattore centrale di Avvenire.
“Riconoscere la nostra identità con Cristo – ha affermato Nasi – è ciò che ci ha spinto a realizzare questa mostra”. Il curatore ha raccontato in breve i passaggi della storia del suo Paese, che negli ultimi seicento anni ha combattuto per mantenere la sua identità cristiana e nazionale. Il primo a difendere questi valori è l’eroe cattolico Giorgio Castriota Skanderbeg, che nel XV secolo resiste per diversi decenni all’avanzata dei turchi. Nel XVIII e nel XIX sono i missionari gesuiti e francescani a riportare l’amore di Gesù in una terra ormai islamizzata. Dopo la seconda guerra mondiale sono i discendenti spirituali di questi religiosi a difenderla con la vita dall’ideologia comunista, che farà dell’Albania il primo e unico Stato ateo del mondo. “Ma dopo la caduta del comunismo – si è chiesto Nasi – quanto hanno compreso gli albanesi di quella verità che li rende liberi?”.
A tale domanda ha tentato di rispondere Adrian Ndreca. Il docente ha sottolineato che la libertà vissuta dopo la caduta del Partito del lavoro dell’Albania era solo libertà di movimento, di viaggiare dopo decenni da un Paese all’altro senza restrizioni. “L’unica cosa a cui si è giunti in questi anni – ha affermato – è una finta identità nazionalistica che però non ha portato a nulla”. Gli albanesi restano un popolo che non ha ancora compreso a pieno le sue radici. Essi “sono ancora vittime dei fantasmi del comunismo e prigionieri di una finta religione musulmana che non ha radici all’interno della popolazione”. “Oggi l’Albania non è un Paese a maggioranza musulmana – ha concluso Ndreca – il dato si basa su un censimento del 1937. Tuttavia i politici vogliono questo status e mantengono la nazione membro della Conferenza dei Paesi islamici (Oci), e questo è scandaloso”.
Agron Tufa ha rimarcato la necessità di ricostruire “l’uomo uscito dalle macerie distruttrici dell’ideologia. La società di oggi ha ereditato lo stesso zombie formattato dal comunismo: l’idea di un uomo nuovo, senza respiro e senza religione, senza umanità, senza ideale, uno schiavo rimasto a tutt’oggi senza intelletto”. Il filosofo ha fatto notare che l’establishment politico è ancora frutto dell’eredità del comunismo. Per far cadere questo potere è necessaria una ri-nascita dell’Io”. Tale identità si può recuperare solo attraverso la dimensione religiosa cancellata dal comunismo che dalla sua ascesa nel 1945 ha ucciso 120 sacerdoti, 60 iman, 83 dervishi, 39 preti ortodossi e migliaia fra cattolici, ortodossi e musulmani. Tufa ha fatto notare che proprio da questi ideali religiosi schiacciati, ma ancora vivi, e dalla testimonianza dei martiri, nasce Madre Teresa di Calcutta, una donna di grande animo che ha praticato la carità universale. Nel sua visita nel 1989, la piccola suora aveva colpito la popolazione quando si è inginocchiata sulla tomba di Hoxha, pregando per la sua anima. Il dittatore non aveva mai permesso a Madre Teresa di rientrare in Albania per far visita ai genitori.
Infine secondo Masi, è il recupero di questa dimensione religiosa che può far ripartire la popolazione albanese e aiutarla a scoprire le sue radici: “Dobbiamo perdonare e ricordare per ricostruire”.

(S.C.)
Rimini, 22 agosto 2012

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