Rimini, 20 agosto – #iostoconlaricerca: un hashtag per scegliere da che parte stare. E sicuramente stanno con chi fa progredire la conoscenza i protagonisti dell’incontro “Sanità: la sfida della ricerca come motore di sviluppo” che si è svolto in Arena Meeting Salute C3, introdotto da Andrea Ciccioni, presidente Quelli che… con Luca Onlus, per il quale questa attività è diventa motore di sviluppo dopo la perdita del figlio Luca: «Fare ricerca è una cosa bella ma allo stesso tempo molto complicata» ha detto presentando gli altri ospiti.
Dino Amadori, direttore scientifico emerito Irst Irccs, fondatore e presidente Ior Istituto Oncologico Romagnolo, ha raccontato la sua esperienza a partire da cosa motiva l’uomo a fare questa attività: «C’è stato un grandissimo ricercatore, Albert Einstein, che ha detto “Io non ho particolari talenti ma sono appassionatamente curioso”. La curiosità è quindi il motore della ricerca, quella spinta interiore che nasce dall’esigenza di conoscere sempre di più e di migliorare la condizione umana». Lo Ior è nato perché «ho visto la mancanza di ricerca negli ospedali come una ferita. È infatti noto in tutto il mondo che dove si fa ricerca si cura meglio».
Dalla passione che forma istituti si è passato al ruolo delle aziende farmaceutiche che affiancano i centri con Gianluca Ansalone, Head of public affairs Novartis, che ha sottolineato il legame costante tra pubblico e privato. Dietro il mondo di ricerca, di attenzione e di passione delle persone c’è un lavoro quotidiano delle persone. «In ricerca – ha detto – c’è sempre una giusta attenzione per i successi nell’investimento ma c’è n’è poca per i tanti fallimenti che costituiscono il lavoro quotidiano di chi opera all’interno del settore della salute. È bene condividere, tra tutti, la consapevolezza del lavoro che sta alle spalle che è lungo e costellato di tanti fallimenti».
Per far si che ciò avvenga, scienza e tecnologia devono camminare di pari passo. Questo, in Italia, però viene visto spesso e volentieri come «hobby di uno strano che sta li con qualche provetta a far fumare, qualche virus strano» come ha sottolineato Andrea Lenzi, presidente comitato per la Biosicurezza e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri e presidente Health City Institute. Il vero problema è non riconoscere la ricerca e, riprendendo il collega della Novartis, ha affermato l’importanza della condivisione perché «ci sono centinaia di migliaia di farmaci che partono ma solo uno arriva fino in fondo. L’unico che arriva è una scoperta clamorosa che salva e fa del bene alle persone».
L’onore conclusivo di legare pubblico e privato è spettato a Renato Balduzzi, professore ordinario di Diritto della Costituzione all’Università Cattolica del Sacro Cuore che ha spiegato le diversità delle esperienze riportate dai colleghi. «A chi governa – ha detto – spetta la distinzione dei diversi tipi di privato. La ricerca è indispensabile e non saremo mai grati a sufficienza a quanti vi si dedicano. Però, mentre andiamo bene su molte cose, in questo ambito siamo sempre nelle ultime posizioni europee. Non possiamo rassegnarci a questo! Dobbiamo però sapere che per risollevarci dalle ultime posizioni con i problemi di finanza pubblica c he ci ritroviamo vuol dire governare gli interessi».
(B.M.)
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