Ricerca Bio-Farmacologica e Machine Learning

Press Meeting

Alle ore 12.30, nello Spazio “What? Macchine che imparano” Piazza A5/C5, Eugenio Aringhieri, presidente del Gruppo biotecnologie di Farmindustria, e Cesare Furlanello, responsabile dell’unità MBPA (modelli predittivi per la biomedicina e l’ambiente) presso la fondazione Bruno Kessler di Trento, hanno offerto importanti riflessioni sullo stato attuale e sui possibili sviluppi della ricerca in ambito farmacologico, con particolare riferimento al contributo delle nuove tecnologie. Marco Cristoforetti, ricercatore presso la fondazione Bruno Kessler, ha moderato l’incontro.

Aringhieri ha invitato l’uditorio, attraverso una serie di diapositive, a riflettere sull’importanza che la ricerca in ambito farmaceutico ha nella nostra vita: «Grazie a farmaci e vaccini», ha affermato, «aumenta notevolmente non solo l’aspettativa, ma anche la qualità diella vita: in Italia gli over 65 che si dichiarano in buona salute sono passati dal 18% al 29%». Un certo modo di fare ricerca, tuttavia, per Aringhieri non è più sufficiente, in quanto si rivela sempre più costoso e al tempo stesso sterile: «L’Italia e il mondo intero sono chiamati a vivere un vero e proprio “Rinascimento della ricerca”, in cui le nuove tecnologie devono, da una parte, permettere una lettura sempre più accurata e personalizzata delle patologie e, dall’altra, creare una capacità di interconnessione tra ospedali, centri di ricerca e pazienti». Questi nuovi orizzonti, a giudizio del relatore, vedranno sicuramente «l’Italia protagonista: il saper fare, il riuscire a focalizzarsi su aspetti specifici e la capacità di adattarsi alla sfide tipici dei nostri connazionali giocheranno sempre più un ruolo fondamentale. Abbiamo una grande occasione: se non la cogliamo, qualcun altro lo farà al posto nostro».

Furlanello, da sempre impegnato nell’ambito del data science, ha introdotto il pubblico all’ultima frontiera della ricerca: il machine learning, «Insegnare alle macchine l’abilità di apprendere da sole senza essere state esplicitamente programmate». Tra le applicazioni che questa tecnica trova, dal riconoscimento facciale alla traduzione simultanea, per il matematico «la biomedica è sicuramente una delle più affascinanti: grazie alla collaborazione di grandi ospedali, abbiamo a disposizione una mole immensa di dati medici. La grande sfida è quella di raccogliere dati e riuscire a farli comunicare e collaborare efficientemente, al fine di diagnosticare malattie con sempre maggior precisione». È un quadro quasi visionario, ma le prospettive sono incoraggianti: «In futuro, forse, potremo curare i tumori, senza dover ricorrere a tecniche invasive come la chemioterapia».

Diverse le domande del pubblico: quale formazione, quali abilità sono richieste a chi desidera applicarsi a un ramo della ricerca così interdisciplinare? A giudizio di Aringhieri, «per lavorare in ambienti simili, è opportuno che la scuola educhi all’interattività, all’interdisciplinarietà e a vivere la diversità come una ricchezza». Dello stesso avviso è Furlanello, che da anni accompagna ragazzi delle superiori nella scelta universitaria attraverso l’organizzazione di una scuola estiva: «cerco di trasmettere il fatto che per fare ricerca siano necessari, oltre ad una forte attitudine al rischio, il non accontentarsi e la capacità di collaborare».

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