Il lavoro che verrà: benefici sociali del Retail 5.0
Rimini, 23 agosto 2021 – In collaborazione con Community Retail 5.0 di The European House – Ambrosetti è stato valutato il mondo del Retail 5.0 in termini di ricadute e benefici sociali. Hanno partecipato: Patrizia De Luise, presidente Nazionale Confesercenti; Massimo Dell’Acqua, amministratore delegato Euronics; Valerio De Molli, managing partner e amministratore delegato The European House – Ambrosetti; Gilberto Pichetto Fratin, viceministro dello Sviluppo Economico; Laura Gabrielli, vice presidente Gruppo Gabrielli (TBC). Ha introdotto Alessandro Bracci, presidente e amministratore delegato Teddy Group e vice presidente Cdo.
«Col lockdown abbiamo scoperto l’importanza del commercio di prossimità, del piccolo negozio sotto casa che rappresenta il retail più conosciuto, ma guardando ai numeri scopriamo che il retail è un mercato vastissimo e forse non lo sapevamo». Così introduce i lavori Bracci, che dà subito la parola a De Molli: «Noi avevamo percepito da tempo questo trend e per il retail specializzato abbiamo creato la piattaforma Community Retail 5.0, pensata come un think tank con cinque cantieri di lavoro. Il primo è il numerico dimensionale: il retail è un settore con 430 miliardi di euro di fatturato, 13% del prodotto interno lordo nazionale, due milioni e mezzo di occupati, 1.3 percento degli investimenti nazionali, ma non è riconosciuto, ad esempio, come unico settore secondo la classificazione Ateco, e non c’è in Italia un ministero del Commercio, oggi abbiamo solo una delega al vice ministro dello Sviluppo Economico qui presente. Il secondo cantiere è l’impatto sulla sostenibilità economico-ambientale: la metà dei 17 obiettivi Onu dell’agenda 2030 riceve contributi dal retail specializzato. Il terzo cantiere è la trasformazione di questo settore anche grazie al digitale verso un ruolo sociale di collegamento. Il quarto cantiere riguarda le opportunità di sviluppo del settore coi fondi europei in arrivo Next Generation Eu. Infine il quinto cantiere è la realizzazione della filosofia del Retail 5.0, che mette il benessere della persona al centro».
Bracci chiede poi cosa ci ha insegnato la pandemia in questo settore. Per Gabrielli «ci siamo salvati facendo perno sul nostro sistema di valori, perché il nostro mercato è in evoluzione continua e per questo abbiamo capito che dovevamo stare vicini alle funzioni, alle persone con cui lavoriamo: clienti, fornitori, partner, collaboratori. Innanzitutto per tutelarne la salute. Ma poi abbiamo allargato il raggio d’azione e abbiamo cominciato a stare vicini al territorio, agli ospedali, alle istituzioni, alle associazioni come Airc, il Banco Alimentare, il Fai. Questo ci ha permesso di consolidare rapporti che prima erano solo professionali».
Riprende Dell’Acqua: «Il Covid ha generato costi, la tecnologia è stato un fattore abilitante, per ridurre i costi abbiamo sviluppato partnership coi fornitori. Tendenze accelerate: mercato online, integrazione del canale di vendita fisico con quello online». Quale futuro per i punti vendita? «Dovranno gestire servizi innovativi», prosegue il relatore, «aumentare la relazione col territorio per saper anticipare i bisogni, che poi per noi significa anche prevedere il fine vita dei nostri prodotti». E quali sono le sfide? «Gestire il concetto di omni-canalità che oggi è rappresentato dalla convivenza di due canali: quello fisico e quello online. Inoltre in un cambiamento veloce in atto non dobbiamo dimenticare la lezione della pandemia: l’attenzione alla persona, al singolo, di cui oggi abbiamo consapevolezza, ma non come attività una tantum ma continuativa. Aumentiamo il focus sul piccolo commercio, quello di prossimità, e sulle sue prospettive».
Interviene De Luise: «Anche per il piccolo commercio è emersa una certa resilienza grazie alla relazione umana. Relazione tra commercianti, col territorio, e molto con le associazioni di categoria che hanno dato tanto aiuto». Grazie a tutto questo, continua De Luise, alcuni commercianti si sono adattati alla nuova situazione e hanno inventato servizi che prima non davano. Quindi «abbiamo imparato che il singolo commerciante è capace di innovazione ma va aiutato». Quali domande per il governo qui rappresentato? «Investire per la ripartenza sulla formazione dei commercianti, attenzione a credito e pari opportunità. Propongo una centrale dei rischi commerciali per le piccole e medie imprese», conclude De Luise. «Inoltre serve un approccio di community, condividere urgenze e scenari, avere delle certezze a fronte delle tante potenzialità previste dal PNRR di cui mancano ancora oggi i decreti attuativi», riprende Dell’Acqua.
Gabrielli invita a «mettere al primo posto la responsabilità sociale dell’impresa, essere consapevoli che il commercio fisico è ancora strategico e che quello online non è equiparabile, perché ha altre regole». Infine aggiunge il viceministro Pichetto Fratin: «L’Italia non è l’America per cui il concetto di commercio è diverso. Da noi il commercio è luogo, spazio di aggregazione, relazione. Bisogna quindi pensare ai luoghi prima che alla cessione del bene, tenere presente la componente sociale. Un anno e mezzo di pandemia non ci ha fatto capire completamente quello che è successo e oggi sul futuro possiamo solo fare delle stime. La sfida quindi è la formazione continua, l’incremento costante della conoscenza di fronte ad un futuro che cambia». Quale è il negozio del futuro? Conclude Pichetto Fratin: «Formazione e tecnologizzazione dell’impresa innanzitutto. Poi bisogna pensare ad un sistema fiscale di lungo periodo. Ma cosa serve al governo per fare tutto questo? Serve l’aiuto di tutti soprattutto per predisporre gli interventi. Alla fine dell’attuazione del PNRR o saremo diventati moderni o avremo perso il treno».
(A.L.)