Incontro sul restauro della basilica della Natività a Betlemme
“Un’opera dell’uomo che ricostruisce una cattedrale non nel Medioevo, ma oggi”. Così i relatori dell’incontro tenutosi alle ore 20.45 nella Sala Poste Italiane A4 hanno descritto la ragione della commozione per l’avventura incredibile del restauro integrale della basilica della Natività a Betlemme, raccontata nella mostra in Piazza A3.
La basilica risale al VI secolo e ha superato secoli di storia, assedi, terremoti, guerre, ma da ultimo l’incuria ha avuto la meglio: problemi di stabilità e impermeabilità del tetto, danni ai bellissimi mosaici, ecc.
Giammarco Piacenti, presidente della Piacenti SpA, la ditta di Prato che si è aggiudicata l’appalto internazionale bandito nel 2013 dalle autorità palestinesi e con il finanziamento di vari soggetti privati anche musulmani, ha descritto con l’aiuto di tante slide spettacolari il lavoro enorme, epocale, che sta coinvolgendo circa 60 ditte, ha portato 170 persone di cui la maggior parte italiani a trasferirsi a Betlemme e mettere a frutto complesse tecnologie, capacità di studio e numerose professionalità.
Così sono state risolte le infiltrazioni di acqua, ripuliti e restaurati i mosaici, analizzate e mappate oltre un milione 600mila tessere dei mosaici, scoperto sotto l’intonaco un angelo mai visto prima. Ed è solo l’inizio di un’enorme quantità di scoperte e di studi ancora in corso.
Tutto ciò è reso possibile da un accordo raggiunto tra le autorità del governo palestinese, rappresentate in sala dal capo di gabinetto dell’ufficio del turismo della Palestina, e le tre comunità religiose che detengono i diritti sulla Basilica sanciti secondo lo Statu Quo (un provvedimento del 1852): i greci ortodossi, gli armeni gregoriani e i cattolici (in particolare i frati francescani della Custodia di Terrasanta). Una concordia che tutti i relatori definiscono miracolosa, visti i dissidi che li hanno divisi per lungo tempo.
Un tale miracolo di bellezza, di capacità ed eccellenza del lavoro italiano, oltre che di capacità di creazione di legami, ha convinto Bernhard Scholz, presidente Compagnia delle Opere, a promuovere la mostra. Un fascino tutto particolare, quello di raccontare un restauro ancora in itinere. Mariella Carlotti, insegnante e curatrice della mostra, l’ha scoperto visitando il cantiere dove, come in una cattedrale medievale, lavorano accanto professioni molto diverse ed è evidente “che la dignità del lavoro non dipende dal tipo di mansione che si svolge, ma dall’opera che si costruisce, di qualcosa che rimane nella storia”.
Tommaso Santi, regista, anch’egli originario di Prato, ha realizzato il documentario che porta il titolo della mostra. Nel corso dell’incontro ha descritto il percorso di consapevolezza che iniziava dal desiderio di raccontare una storia incredibile riguardante un luogo reso familiare dalla tradizione di fede vissuta fin da bambino. Nel visitarlo si è accorto però che c’era di più. “Mi trovavo in un luogo dove l’essere parte della fede non solo dei pellegrini che lo visitano, ma anche delle persone che ci lavorano era qualcosa di tangibile con mano”. Ed ha aggiunto: “Non raccontiamo solo il restauro e il contesto in cui avviene, perché c’è una spiritualità che va oltre. La bellezza di questo luogo va oltre, si vive una clamorosa armonia, paradossale, visto che il conflitto che aveva reso difficile il restauro durava da secoli. Nessuno di quelli che lavorano lì ha la presunzione e la superbia di chi sa di entrare nella storia, ma tutti si sentono grati di avere partecipato a questo lavoro che va ben oltre la paga”.
“Un messaggio di pace che Betlemme lancia al mondo” la frase del sindaco di Betlemme citata dal relatore. “C’è in Medio Oriente, terra in cui i segni della divisione e della guerra sono evidenti – ha concluso – un luogo in cui si lavora e si costruisce insieme per realizzare una bellezza che è patrimonio di tutti, cristiani e musulmani, e del mondo intero”.