Hujian Zhou, Agie, per gli amici, è un giovane imprenditore cinese. Ha importato in via Paolo Sarpi, nel cuore della Chinatown di Milano, una Ravioleria in partnership con un cultore dell’eccellenza gastronomica come Walter Sirtori, titolare di un’antica macelleria in attività dal 1930. Zhou è l’ospite dell’incontro “Ravioli cinesi con un cuore italiano. La cucina che piace. La cucina che unisce”, presso l’Arena “Nuove generazioni” A1. Questa mattina alle 12.30 è stato intervistato da Alessandra Convertini.
«Sono cinese … di faccia», esordisce l’imprenditore in un italiano impeccabile; arrivato in Italia nel ’96, durante la seconda ondata migratoria più importane per i cinesi, ha iniziato a studiare la lingua italiana, frequentando la scuola e decidendo, a differenza di molti suoi coetanei, di proseguire il percorso di studi fino all’università e al conseguimento della laurea in Economia. Studio e lavoro, curiosità e voglia di conoscere hanno caratterizzato il suo percorso umano, consapevole dei grandi sacrifici sofferti dalla sua famiglia di origine e contemporaneamente partecipe a tutto tondo della società che lo ha accolto e di cui si sente parte.
Agie racconta: «Già da quando studiavo, avevo in testa la ristorazione», ma poi la vita e alcune scelte lo hanno portato altrove. Finché, mentre cercava un locale per aprire un negozio di abbigliamento, ha incontrato Walter, il macellaio con il suo stesso desiderio di produrre street food di qualità. «Volevamo coniugare la qualità, l’originalità, la tradizione cinese e il palato italiano». Attaccato alla macelleria, quel locale di 15 metri quadrati è diventato un laboratorio “a vista”, dove tutta la catena produttiva viene svolta a mano. Dal pubblico qualcuno dice « … e c’è sempre la fila!». Zhou parla con stima dell’amico macellaio: «Mi ha aiutato a trovare i cibi qualificati italiani. Abbiamo svolto un’accurata ricerca delle farine autoctone, utilizziamo carne piemontese e modenese, uova biologiche».
La forza lavoro, l’anello produttivo, è una donna cinese che sa fare i ravioli perché ha imparato da piccola con la nonna. «Facciamo i ravioli come li si fa in casa. Abbiamo voluto recuperare la tradizione di un piatto povero, semplice ma di qualità». Del resto si potrebbe dire lo stesso dei piatti tradizionali italiani. Da quattro mesi, inoltre, Zhou ha pensato un corso aperto a tutti per insegnare a fare i ravioli cinesi in casa, a cui partecipano numerose persone. È il segno di un’apertura, del desiderio di condividere la propria tradizione senza timore di contaminazioni.
Conclude così, Angie, rispondendo ad alcune domande dal pubblico: «Sono convinto che ci debbano essere sempre meno segreti e sempre più condivisione, in cucina come nella vita. Io e Walter siamo riusciti a coniugare il meglio della Cina e dell’Italia, dobbiamo imparare tutti ad aprirci, a mettere in comune le risorse, a lavorare insieme».