QUID EST VERITAS? ALLA SCOPERTA DEL SENSO DELLE COSE

Press Meeting

Qual è il criterio per distinguere ciò che è vero da cosa non lo è? Può bastare quello dichiarativo del tipo “L’orologio si trova al centro del tavolo” di fronte ai grandi interrogativi della vita? Sono state queste le domande cui hanno cercato di rispondere un folto gruppo di studiosi all’incontro “Quid est veritas? La scoperta del senso delle cose”, che si è svolto in sala B5 ed ha avuto come moderatore Costantino Esposito, docente di Storia della Filosofia all’Università di Bari, e come interlocutore principale Evandro Agazzi, docente di Filosofia Teoretica all’Università degli Studi di Genova.
In realtà, anche alla fine dell’incontro non è stato indicato un assioma da seguire, un criterio scientifico, ma dal momento che “in ballo c’è la vita”, ognuno è stato invitato a livello della propria esperienza a trovare quelle certezze senza le quali nessuno potrebbe vivere. Così Esposito ha concluso: “Il grande criterio per ogni giudizio porta dentro questo filo: la corrispondenza al mio io di tutto ciò che c’è”.
Il criterio della corrispondenza è stato suggerito come l’unico possibile, perché come ha detto anche Paolo Ponzio, docente di Storia della Filosofia all’Università di Bari, “le cose che interessano la vita non sono definibili con criteri scientifici, eppure l’uomo ha comunque bisogno di certezze, ha bisogno di trovare la verità. E queste certezze universali, come diceva don Giussani, ci sono. La certezza però è un atteggiamento soggettivo, è un atto libero; non posso scegliere al posto di nessuno. Il fatto è che a certi livelli non si può più definire un criterio per il vero”.
Ecco che ritorna il criterio della corrispondenza di un dato di realtà a ciò che l’uomo avverte come necessario per dare un senso alla propria esistenza. “La verità – ha spiegato Evandro Agazzi – non può essere solo un predicato, un aggettivo con il quale si accompagna un soggetto, come nell’espressione di san Tommaso ‘motore immobile”, ma deve essere un fatto che risponde ai problemi reali dell’esistenza. A me personalmente quindi non importa se il cristianesimo va bene o non va bene. L’unico criterio per stabilire se va bene è se risponde ai problemi della vita. E qui subentra la fede, che non è altro che l’ultima spiaggia della ragione e consiste essenzialmente in un affidarsi: tu ti fidi di qualcuno quando riconosci la sincerità del suo impegno”.

F.R.
Rimini, 24 agosto 2007