Rimini, 21 agosto 2017 – Dalla rivoluzione industriale ad oggi, il sistema economico ha funzionato come una linea retta: estrazione delle materie prime, produzione, consumo e rifiuti da buttare. I danni sono stati incalcolabili: dalla produzione di CO2 alla creazione di vere e proprie stratificazioni geologiche di rifiuti, fino alla scomparsa, ogni anno, di diecimila specie vegetali e animali. Ora la tendenza sta rallentando e da un’ “economia lineare” si sta passando ad un’ “economia circolare”, in cui il rifiuto diviene una risorsa, torna ad essere materia prima, tutelando l’ambiente, creando ricchezza e nuovi posti di lavoro. Di questo recente (almeno in Italia) fenomeno si è parlato nel pomeriggio nella Sala Poste italiane A4, in un dibattito moderato da Emanuele Bompan, giornalista di LifeGate e autore di “Cos’è l’economia circolare” (Edizioni Ambiente), e al quale hanno partecipato: Simone Crolla, consigliere delegato di American Chamber of Commerce in Italy; Walter Facciotto, direttore generale di CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi); Alberto Frausin, amministratore delegato di Carlsberg; Aldo Patruno, direttore del Dipartimento turismo, economia della cultura e valorizzazione del territorio della Regione Puglia; Nicola Semeraro, presidente del consorzio Rilegno (Consorzio Nazionale per la raccolta, il recupero e il riciclaggio degli imballaggi di legno).
Crolla ha parlato degli Stati Uniti come di un paese all’avanguardia della “green economy”; un paese che, pur producendo il 30% dell’inquinamento mondiale, è quello che investe di più nel riciclaggio dei prodotti dismessi, siano essi telefonini che tappetini di arredamento. «Sono partiti da un problema», ha detto, «quello dei rifiuti ai bordi delle prime autostrade degli anni Cinquanta, e ne hanno fatto una risorsa, fino ad istituire la giornata del rifiuto, il 15 novembre di ogni anno».
Il CONAI di Facciotto è nato nel 1997 e si cura del riciclo di imballaggi in carta, cartone, legno, platica e alluminio. Dal 1998 al 2016 ha avviato a recupero 142 milioni di tonnellate di materiale, 8,4 delle quali solo nell’anno passato. Questo non solo ha permesso di diminuire la produzione di 40 milioni di tonnellate di CO2 in 20 anni ma ha anche favorito la nascita di seimila imprese che danno lavoro a 150mila persone. Non solo, a seguito di un accordo con l’Anci (l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) il consorzio, dal 1998 ad oggi, ha erogato 4 miliardi di euro ai comuni convenzionati con il CONAI. Oggi l’Italia ricicla il 67,1% dei rifiuti ed in Europa è seconda solo alla Germania.
Anche la produzione della birra è investita da queste novità. Frausin, ad esempio, ha raccontato che alla Carlsberg stanno studiando una fibra di legno che, tutelando le qualità organolettiche della birra, prima o poi sostituirà le bottiglie di vetro. Intanto, l’azienda sta utilizzando il pet, invece dei fusti in acciaio, per ridurre sensibilmente il peso del prodotto in uscita dalle fabbriche (da 170 kg per 100 litri di birra a 104 kg) e diminuire così l’impatto ambientale legato al trasporto.
Anche le pubbliche amministrazioni sono interessate all’economia circolare. Patruno ha presentato il progetto “PiiiLCulturaPuglia”, «che rimanda alla possibilità di individuare nella Economia della Cultura un modello alternativo/integrativo di sviluppo economico e territoriale non incentrato sulla finanza, ma sulla industria culturale e creativa e, dunque, su un modello economico non lineare, ma circolare».
Semeraro ha mosso un po’ le acque di una tranquilla tavola rotonda, rilanciando una polemica che vede contrapposte le aziende della Rilegno con quelle che producono imballaggi in plastica. La querelle riguarda le cassette per gli ortaggi e la frutta: un mercato da un milione e 800mila pezzi l’anno, diviso a metà fra i contendenti. A chi (le aziende plastiche) parla di costi eccessivi per il riciclaggio del legno, Semeraro risponde su due livelli. «Non è vero che il riciclaggio costi di più, perché diamo molti incentivi ai comuni e poi perché, ad esempio, i 700 milioni di tonnellate di pallet che produciamo portano lavoro a centinaia di autotrasportatori». Ma c’è un altro problema, di ordine igienico sanitario: «Il legno è un prodotto naturale, la plastica no. E, infine, chi ci garantisce la salubrità di certi contenitori riutilizzati?»
(D.B.)