Rimini, martedì 21 agosto 2018 – “È da quando sono bambino che sento che il sud deve diventare la piattaforma del Mediterraneo, ma policies concrete non sono mai state attuate. Il sud è una storia di isolati successi ma di generale fallimento: le eccellenze isolate non si sono tradotte in sistema. Quasi nessuno dei problemi dell’Italia di oggi, però, si risolve buttandoci soldi pubblici”. Sono le parole pronunciate da Luigi Marattin, deputato al Parlamento Italiano del PD, in apertura dell’incontro curato dall’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà dal titolo “Quale futuro per il sud?”, introdotto, in Sala Neri UnipolSai, da Sandro Bicocchi, vice presidente Fondazione per la Sussidiarietà, e dal presidente Giorgio Vittadini.
“Gli impedimenti del sud non hanno a che fare con la poca spesa pubblica – è la tesi dell’economista del PD – ma col fatto che si spende male e soprattutto col fallimento della riforma della governance pubblica, oltre che delle istituzioni e della classe dirigente che governa i territori. Il fallimento è stato quello di passare da Stato gestore a Stato regolatore”. Da questo, per Marattin, deriva anche la natura del dibattito sulla tragedia di Genova: “In questo paese non si è mai creato un vero sistema federale, che al momento è errato e sghembo. Abbiamo fallito nel capire e attuare l’idea che il vero federalismo è tale solo se basato su due pilastri: autonomia e responsabilità”. Anche il concetto di sussidiarietà cambia, poi, a seconda delle dimensioni del mercato, ha spiegato Marattina: “Serve un federalismo dove vadano di pari passo autonomia e responsabilità. Su quelle che ti delego sei responsabile, devi rendere conto a qualcuno di quello che faccio, si chiama accountability. Se sfasci i conti pubblici la colpa è tua e non della BCE o di qualcun altro che ti ha fatto fallire. Non è più tempo di competenze concorrenti: ogni livello di governo ha le sue competenze e i suoi fondi. Ma questo è un paese dove gli autonomisti sono pronti a essere responsabili e i responsabili autonomisti?”, ha concluso.
“L’obiettivo è quello di tornare alla politica con la maiuscola, che lavori per il bene comune e ripren-da quel filo di comunità nazionale di intenti e di valori che nelle difficoltà sa unirsi per ripartire”, ha poi spiegato Barbara Saltamartini, presidente della X Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera dei Deputati. Per fare questo, serve una visione di medio-lungo periodo, ha affermato la deputata, e “occorre ripartire da ciò che c’è”, anche “rimettendo al centro le poche infrastrutture che ci sono. Non tutto è stato sbagliato negli ultimi anni ma abbiamo di sicuro dato un’immagine sbagliata del sud. Lo abbiamo reso famoso per essere diventato il grande porto di ap-prodo di un esodo migratorio, facendo sì che le bellezze del sud fossero ridotti ad essere luoghi di attracco e nulla di più. Dobbiamo investire nelle infrastrutture, e sono contento che il governo abbia lanciato un grande piano, è un primo passo”. In Italia, ha proseguito la deputata, “stiamo assistendo a un fenomeno emergenziale drammatico, la terza ondata migratoria più grande mai vissuta: ma dal sud. Un depauperamento non soltanto dal punto di vista economico, che fa sì che il sud non abbia futuro”. Per invertire questo annoso processo e in crescendo negativo, “dobbiamo dare occupazione, considerando che il lavoro si crea non solo con le leggi, ma valorizzando le differenze. Non c’è, però, sviluppo economico se non c’è qualità dei nostri lavoratori. La scuola e l’università devono tornare ad essere sinceri, spingendo i ragazzi su quei lavori che oggi servono. E non c’è sviluppo del sud se non c’è un vero contrasto e una vera battaglia contro la criminalità. Occorre perciò un progetto di ampio respiro. Oggi come maggioranza politica nel paese dobbiamo fare qualcosa in più – ha concluso –. Questo governo sarà del cambiamento se riuscirà a mettere insieme nord e sud, perché il sud è il centro del mediterraneo, un bacino più prospero di quello che pensiamo. Dobbiamo ripartire da nuove prospettive”.
Roberto Speranza, coordinatore nazionale di LeU, ha poi spiegato che “dovremmo lavorare insieme per capire che non c’è nord senza sud e viceversa, mentre ci sono persone che vanno in direzione opposta. Al nord si dice che il sud è una palla al piede e al sud si dice che c’è un nord predone che gli toglie risorse”. Nei numeri, intanto, “c’è una scissione silenziosa. I tricolori diventano gusci vuoti se ci sono paesi così diversi. Io penso che il sud abbia bisogno di più stato e più mercato al tempo stesso”. Nel primo caso, Speranza ha spiegato di intendere più lotta contro la criminalità organizzata e più infrastrutture e più investimenti nella sanità pubblica, mentre nel secondo caso invertire la presenza dello Stato che c’è “spesso in modo sbagliato. Il rubinetto dei soldi pubblici è sempre stato utilizzato per costruire consenso invece che sviluppo. Questo modello oggi non può più reggere”. Meno intermediazione politica e più meccanismi diretti, ha spiegato in conclusione. “Il sud che io sogno è che cominci a coltivare virtù anti-eroiche del salvatore della patria, ma di gente per bene che lavori ogni giorno”.
Fabio Rampelli, vice presidente della Camera dei Deputati, ha concluso spiegando che “l’immigrazione meridionale fa male al sud e genera paradossalmente una ricchezza al nord che ha bisogno di quel capitale umano. Non è possibile non guardare a questo stivale spaccato a metà, di due paesi, nord e sud. L’esodo è significativo perché c’è un divario occupazionale assoluto, strutturato”, ha continuato Rampelli, pensando a “grandi infrastrutture realizzate al nord ma non al sud. È indispensabile puntare sul meridione. C’è un divario nei servizi pubblici, le classifiche ce lo dicono. Legami familistici e parentali spesso ostacolano questo percorso, e la politica si è arresa alla scarsezza di capitale sociale: clientelismo e corruzione non possono essere assenti dal dibattito sul sud”. Mentre invece “Palermo dovrebbe essere eletta capitale del Mediterraneo: è una soluzione geopolitica irripetibile che va messa a frutto. La vocazione del sud di dialogo con l’Africa può prevedere effetti collaterali, ma il dialogo e l’interconnessione del sud deve partire da una visione necessaria, specialmente per i cittadini del sud del mondo”.
(F.G.)