Prove di orientamento nel grande disordine mondiale

Press Meeting

Monica Maggioni e Paolo Magri leggono la storia per capire la guerra a pezzi e le vie di pace

La sala Neri Conai è stracolma per il terzo appuntamento giornaliero con Monica Maggioni, “La trilogia di Monica Maggioni” come la definisce scherzosamente Roberto Fontolan, Responsabile del Centro internazionale di Cl e moderatore dell’incontro. Insieme alla Presidente Rai siede Paolo Magri, Vicepresidente e Direttore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale.

“Partiamo con l’undici settembre 2001 – Fontolan si rivolge alla Maggioni – cosa abbiamo visto accadere in questi quindici anni?” “L’unica certezza è che le certezze che avevamo sono saltate. Ci troviamo a fare i conti con un mondo dove è saltato il disegno, non riusciamo a capirlo. Se penso al mondo fino a quando il primo aereo si è infilato nella prima torre, era un mondo pieno di crisi ma comprensibile. Difatti la reazione degli Stati Uniti fu rispondente alla logica usata fino ad allora. Gli Usa subirono l’attacco, individuarono il responsabile in Bin Laden e nell’Afghanistan che lo nascondeva, contrattaccarono. Risposero con uno schema”.

Qualcosa però salta in questa logica. Monica Maggioni ripercorre la storia con la sicurezza di chi era sul posto. Ricorda che l’allora presidente Bush stabilì che l’asse del male era costituito da Iraq, Iran e Corea del Nord e proseguì invadendo l’Iraq. Per ristabilire la democrazia, diceva lui, per cambiare l’assetto del Medio Oriente, sostiene la Maggioni: “Il risultato è che l’Iraq diventa la fonte di molti per non dire tutti i problemi con cui oggi ci troviamo a fare i conti. L’esercito iracheno viene dissolto, intere famiglie disperse per l’Iraq nella cui popolazione cresce l’arrabbiatura”. Poi la presidenza va a Obama che decide: torniamo a casa. E lo decide nel momento di maggior caos dell’Iraq. “Qui si innesta il filone jihadista – prosegue la giornalista – che trova nelle dittature dissolte un’opinione pubblica rabbiosa verso l’Occidente: ottimi spazi per muoversi, reclutare. Per uccidere un Bin Laden, quindici anni dopo, ci ritroviamo con trentamila Bin Laden iscritti a libro paga dell’Isis e altri a centinaia di migliaia”.

Fontolan chiede a Magri: come guardare a questa interdipendenza? “Oggi ci sono tante crisi: oltre al disordine in Medio Oriente c’è quello economico, c’è quello dei confini che genera insicurezza sociale. Qui la storia ci viene in soccorso: sono tutte crisi serie, ma nessuna presa individualmente è ingestibile”. Ricorda il secolo scorso: la Russia che invade la Polonia ed entra a Praga, la minaccia nucleare; le dittature europee; gli anni Ottanta quando interi paesi sprofondarono nella crisi economica. Qual è il problema dell’ansia di oggi? “Che allora c’era un qui e un là. Oggi non c’è più”. C’è la guerra in Siria e arrivano i migranti alla stazione di Milano. C’è un tentato golpe in Turchia e il governo tedesco reagisce perché ha tre milioni di turchi nel proprio territorio. “Abbiamo crisi a grappolo – prosegue Magri – sono tante e restano assieme perché non siamo più capaci di risolverle. Manca la leadership, i governi non hanno la forza per affrontare scelte impopolari. L’estate scorsa ci siamo tutti commossi davanti alla foto del bambino morto annegato sulle spiagge greche, abbiamo giudicato positivo il gesto della Merkel che apriva le frontiere. Ma che politica è quella che cambia le proprie regole sull’ondata emotiva di un’immagine? E poi si rimangia tutto e ricambia idea nel giro di tre settimane? Che politica è quella di Hollande che dopo gli attentati dei lupi solitari chiama i riservisti, la guardia civile?”.

Magri passa a descrivere i tre modelli che avevamo per risolvere le crisi: la globalizzazione, gli organismi internazionali, la potenza benevola guardiana del mondo. “Tutti e tre si sono rivelati inadeguati”. Altrettanti gli strumenti che non hanno fatto il loro dovere: il Fondo monetario, creato per contrastare l’inflazione mentre oggi abbiamo a che fare con il suo contrario, la deflazione; l’Onu, nato per impedire conflitti tra due stati e che oggi non può fare nulla perché i conflitti sono interni agli stessi; e l’Unione Europea “che aveva una sola politica, l’allargamento. A cosa ci serve una politica di allargamento oggi che ci stiamo restringendo? I modelli sono saltati e gli strumenti resi inutili”.

È una resa, chiede Fontolan alla Maggioni, il mondo è fuori controllo? “È fuori controllo la nostra capacità di andare incontro alle crisi che ci chiedono uno sforzo prima di tutto di comprensione e per questo non finirò mai di ringraziare questa sala sempre piena, tesa a cercare la soluzione che, razionalmente, deve esserci. Questo cercare è già parte della soluzione. Ognuno di noi, orizzontalmente, da uno a uno, può smontare quanto costruito dai sistemi verticali. Gli incontri sono quelli per cui ognuno di noi può cambiare il proprio pezzo, così diventa possibile dire che tu sei un bene per me”.

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