Profughi e noi. Siamo tutti sulla stessa strada

Press Meeting

Nomi, volti e storie di chi emigra o sbarca nella condizione di profugo o rifugiato, sono ben presenti a chi opera nel campo della ricerca di una soluzione a questi drammi epocali condividendone il bisogno di aiuto e accoglienza. Come nel caso delle iniziative promosse dalla Fondazione Arca di Milano, da Fondazione Avsi, dal consorzio “Il Mosaico” di Gorizia, che il pubblico del Meeting ha potuto incontrare oggi alle 14.15 nello spazio “Un caffè con…”.

L’incontro è stato introdotto dall’ascolto live della canzone “Lampedusa” scritta e cantata dal duo chitarristico maceratese Landscape, per passare poi, ha detto il moderatore Giorgio Paolucci, a quella Lampedusa dei migranti che ogni giorno affollano la stazione centrale di Milano.

A questa catena di dolore e sofferenza che attraversa l’Italia in cerca di un approdo verso l’Europa, ora precluso dalla chiusura delle frontiere, sta cercando di dare una risposta la Fondazione Arca, a partire dalla prima accoglienza. “Nel 2013 – ha sottolineato il suo presidente Alberto Sinigaglia, i profughi che arrivavano a Milano erano per il 20% siriani, ora sudanesi ed eritrei, e ci siamo posti l’interrogativo sul che fare quando abbiamo visto bambini dormire sul pavimento della stazione. I migranti passati da Milano dall’ottobre 2013 sono stati 98mila con una media di permanenza di 4-5 giorni. Occorre dare risposte adeguate anche a chi chiede asilo politico in Italia”.

“Dall’ottobre 2015 lavoriamo al progetto di raccolta fondi ‘Profughi e noi’ – spiega Giampaolo Silvestri, Segretario Generale Avsi – che si è rivelato una giusta scelta. Un problema centrale, quello dei migranti, che dovremo affrontare per almeno altri 10-15 anni. Per questo abbiamo deciso un approccio sistemico, una risposta prima di tutto a queste persone che partono dai loro Paesi d’origine come con il progetto ‘Aiutiamoli a casa loro’. Un modo di affrontare il problema che ha prima di tutto una dimensione culturale, quella del dare educazione e lavoro, almeno con un minimo di salario, come fatto in Libano, Giordania, Iraq, oltre che con il sistema delle adozioni a distanza”.

Marco Peronio, Direttore del consorzio goriziano “Il Mosaico”, ha illustrato come gli operatori del consorzio si sono mossi nella difficile situazione degli immigrati, rifugiati nella cosiddetta “Giungla dell’Isonzo”, tra manifestazioni d’ostilità delle autorità e della popolazione locale, la stessa che però non si è tirata indietro quando è stato chiesto ad esempio di provvedere a un bisogno come quello delle coperte. Paolucci ha concluso sottolineando che ognuna di queste esperienze riafferma la centralità di una risposta che parte dall’umano.

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