L’affascinante e attuale tema della ricerca farmacologia ha radunato nella Sala Tiglio A6 decine di persone. Gli interventi sono stati coordinati da Carlo Lucchina, direttore generale della Direzione Sanità della regione Lombardia. “Abbiamo organizzato l’incontro di oggi – ha introdotto il tema – per fare il punto sulla ricerca farmacologia in Italia; benché non stiamo assistendo a grandi novità circa i farmaci territoriali, abbiamo un fiorire di ricerche sui quelli di alto costo. Ci ha aiutato molto la vicinanza dei legislatori nel corso della precedente manovra economica: hanno varato norme a favore della ricerca in ambito scientifico che ci hanno agevolato”.
Roberto Dall’Aglio, membro della commissione tecnico-scientifica di Aifa, l’Agenzia italiana del Farmaco, ha invitato a non sottovalutare il ruolo delle case di ricerca farmaceutica: “Il bisogno di una ricerca accurata non è un diritto, ma un dovere; non dobbiamo tuttavia confondere la ricerca dell’industria con quella scientifica. Abbiamo a disposizione risorse notevoli, ma distribuite male”. Uno snodo importante dell’intervento di dell’Aglio è stato il richiamo al coinvolgimento di medici e pazienti nel processo di ricerca. Partendo da un’esperienza personale. “Ricordo che una volta, quando ero di guardia, mi dissero che una paziente aveva bisogno di una terapia; io ero molto stanco e le somministrai il farmaco, tuttavia alla fine mi resi conto che le avevo dato la medicina più per me che per lei: avrei dovuto prima visitarla. Questo è lo spirito con cui ancora troppo spesso le case farmaceutiche fanno ricerca farmacologia, non sulla base delle esigenze reali della comunità, ma a partire da interessi economico-industriali”.
Ampio e articolato anche l’intervento di Fabrizio Pane, presidente sella Società italiana di Ematologia e professore all’Università Federico II di Napoli. Lo sviluppo di nuovi farmaci, ha evidenziato, produce spesso risultati significativi; grazie alla ricerca ad esempio numerosi casi di leucemia sono stati debellati. “Un particolare tipo di leucemia lasciava non più di 4-6 anni di vita ai pazienti; grazie alla ricerca in farmacia si è arrivati ad aumentare il corso di vita dei pazienti fino a sconfiggere in alcuni casi questa forma”. “Ritengo vi sia un duplice modo di fare ricerca – è la sua conclusione – in riferimento agli enti e alle organizzazioni in cui essa viene applicata: una ricerca profit, condizionata prevalentemente da interessi finanziari, ed una ricerca non profit, più libera e meno condizionata dalle richieste esterne”.
“Ci possono essere nuovi modelli di scienza, ma anche nuovi modelli di business – ha affermato Stefano Portolano, amministratore delegato di Celgene srl, in perfetta sintonia con i primi due interventi – oggi sta riscuotendo grande attenzione la ricerca su farmaci a largo consumo. Lo spirito clinico della ricerca si scontra molto spesso con l’esigenza di industrie alla ricerca di farmaci che risolvano quante più problematiche possibile in un lasso di tempo sempre più breve”; farmaci magari da immettere a prezzi non proprio popolari sul mercato.
La parola passa infine a Davide Prosperi, ricercatore in biochimica e responsabile del NanoBioLAb nel dipartimento di Biotecnologie e bioscienze dell’Università di Milano Bicocca. Prosperi ha ripreso alcuni concetti di chimica per illustrare al pubblico l’efficacia della ricerca nanotecnologica. “Oggi si parla molto di medicina generalizzata – ha detto – anche se bisognerebbe ampliarne il concetto. Abbiamo vari agenti diagnostici che si basano sulle nanotecnologie; esse si riferiscono alla capacità di manipolare la materia laddove non c’è un elevato numero di atomi. Geni mutati, proteine che perdono la loro forza efficace, sono esempi di mutazioni atomiche che avvengono in ambiente non controllato. La nanotecnologia nella ricerca farmacologica può portare a progressi impensabili in qualsiasi settore”.