Il libro di don Luigi Negri edito da Cantagalli è stato presentato da Massimo Borghesi, professore di Filosofia della Religione all’Università di Perugia. Il valore del testo, secondo il relatore, consiste nel fatto che presenta una visione non lineare della modernità e offre un quadro problematico rispetto alle due visioni correntemente adottate sulla modernità: da una parte una visione critica nei confronti dell’Occidente imperialista e aperta a una concezione multiculturalista, dall’altra una rivalutazione dell’Occidente e della modernità in seguito agli attacchi del fondamentalismo islamico.
La modernità per l’autore nasce dalla dissoluzione dell’unità dei cristiani e dalle guerre di religione. I pensatori del tempo, osservando il fenomeno della fede come fattore di divisione, scelsero la ragione, nel caso del razionalismo, o lo Stato, nel caso dello statalismo, come elementi unificanti. Questo, da Hobbes a Hegel, è la modernità negativa, quello dello Stato come Dio terreno: lo Stato macchina, del potere che non riconosce la trascendenza.
La modernità positiva è invece costituita dal liberalismo e dalla cultura della tolleranza sviluppatisi in particolare nei nascenti Stati Uniti d’America grazie ai profughi europei che avevano vissuto nella terra d’origine le persecuzioni religiose.
Questa duplicità ed ambiguità della modernità si declina da una parte con il totalitarismo, dall’altra con l’ansia di libertà, come anche le posizioni in seno alla Chiesa si sono divise fino al Concilio Vaticano II fra la reazione conservatrice e il progressivismo. Con il Concilio Vaticano II infatti la Chiesa riscattò la parte positiva del moderno tramite il riconoscimento della libertà religiosa.
Borghesi conclude definendo il libro di Negri “un libro fuori dagli schemi consolidati e quindi aperto all’imprevisto”.
Al termine don Negri ha solo aggiunto che quello che lo spinge a scrivere i libri è la preoccupazione per la missione e il dialogo fra Cristo e il cuore dell’uomo. Non perché con i libri ci si converta, ma perché, dato che la cultura è la consapevolezza del destino, essa sia un aiuto a cristiani e non a comprendere cosa c’è in gioco e a riconoscere i segni dei tempi.
C. N. B.
Rimini, 26 agosto 2003