Poletti: ok sull’apprendistato duale, formazione nell’industria 4.0

Press Meeting

«Faremo le verifiche opportune sull’apprendistato duale, ma sono convintissimo che funzioni. Se decidiamo che non si fa più, non si farà più, ma la mia proposta è di stabilizzare questo canale formativo. Certo è che chi è contro esprime un pregiudizio nei confronti dell’impresa e degli imprenditori». E, inoltre: «Abbiamo fatto una scelta giusta con l’industria 4.0, che allargheremo al versante della formazione in azienda». Giuliano Poletti, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, oggi al Meeting di Rimini (Sala Illumia C3, ore 19, “Il lavoro che cambia: il ‘piano Marshall’ per i giovani”), ha affrontato i temi caldi di quella che lui non vuole definire “sperimentazione”.

«Si è sostenuta la tesi», ha detto, «che la scuola doveva stare rigorosamente separata dall’impresa e dell’economia, ma questa idea non ha fondamento. I posti di lavoro li creano le imprese». Poi ha rivendicato il ruolo riformista delle politiche messe in campo: «Vanno contro il concetto del difendere, che porta con sé necessariamente paure e conservazione. Rimanere fermi è impossibile, il difendere non fa funzionare il sistema. Bisogna giocare e la partita, ci sono sempre opportunità, bisogna avere occhi per vederle». Prima del suo intervento, ai giornalisti, aveva confermato che le nuove misure allo studio del governo per sostenere l’occupazione giovanile potrebbero portare a 300mila nuovi posti di lavoro, con un esborso in aiuti per circa 2 miliardi: «Ma tutto dipenderà dalla base su cui applicheremo la regola e dalla possibilità che avremo di lavorare su una platea di età più o meno larga».

Poletti è tornato al Meeting che l’anno scorso aveva posto l’obiettivo di un “Piano Marshall” per i giovani, come ha ricordato, introducendo, Dario Odifreddi, presidente della Fondazione Piazza dei Mestieri. Alessandro Rosina, professore ordinario di demografia e statistica sociale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha insistito sulla necessità del ricambio generazionale, che è invece minato dal debito pubblico e dal calo demografico. Lo sviluppo può avvenire solo se «i vecchi attori possono essere sostituiti. Ci vogliono condizioni perché quelli nuovi possano accedere al palco e raggiungere il loro ruolo. Chi arriva porta la sua visione nuova e una narrazione nuova. Noi però, come Paese, da troppo tempo non abbiamo fatto funzionare bene il ricambio generazionale». C’è, in sostanza, secondo il docente, un Paese sulla difensiva, simboleggiata dall’immagine dei giovani che vivono a carico dei genitori. «Ma c’è», ha sottolineato, «anche una generazione che ha voglia di essere attiva e di partecipare alla crescita».

Anche tra chi è senza lavoro o non lo cerca, ha aggiunto il professor Rosina,
ci sono due dominanti: «L’avere un sogno da realizzare e il desiderio di imparare. Se si scommette su questo si hanno i migliori risultati dalle giovani generazioni. L’hanno detto i vescovi: occorre dare spazio alle nuove generazioni perché possano sperimentare un nuovo modello di sviluppo». E questo può avvenire anche dando spazio ai giovani in situazione di svantaggio. All’incontro Andrea Bonsignori, rettore delle Scuole paritarie Cottolengo, ha dimostrato che questo è possibile, illustrando il progetto “Chicco cotto”, partito da Arezzo e che si sta allargando al resto d’Italia, con un altro dedicato alla meccanica in collaborazione con Fca.

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