“Un grande pastore e missionario”, ha detto Camillo Fornasieri di monsignor Pietro Sambi, prendendo spunto dall’introduzione del volume a lui dedicato (edito da Cantagalli), opera di Valerio Lessi, giornalista e storico riminese. A Lessi si devono altre pregevoli biografie dedicati a santi e figure della Chiesa riminese, come don Oreste Benzi. Pubblicato con il contributo della Fondazione Giovanni Paolo Secondo della Diocesi di San Marino, il libro è stato presentato per il Caffè Letterario del Meeting ieri 25 agosto alle 16.
Sambi è stato nunzio apostolico, cioè rappresentante della Chiesa in vari paesi. La sua decennale esperienza appare a Fornasieri una sorta di “peregrinatio”, che ha costituito un grande lavoro, e ha toccato le realtà più diverse, affrontando le difficoltà che vivono le comunità cristiane. Sambi è stato testimone dell’amore per l’uomo che la Chiesa sa portare in tutti i continenti, “dimostrando che se la vita è un problema, la soluzione, come affermava don Luigi Giussani, consiste nel cogliere tutti i fattori di quel problema”, ha sottolineato ancora Fornasieri. “Figure come la sua hanno testimoniato questa possibilità data alla convivenza umana”.
Due le fonti principali seguite, ha quindi sottolineato l’autore, la testimonianza di quanti l’hanno conosciuto in varie parti del mondo e i suoi scritti, specie interviste e interventi, nel corso del suo instancabile servizio alla Chiesa fino alla scomparsa nel 2011.
Aveva un grande amore per la nativa Sogliano al Rubicone e per la Romagna, per la sua storia, la cultura, le tradizioni. Da romagnolo, era un uomo esuberante e schietto e la sua fede si è innestata su questa umanità, potenziandola e vivificandola. “Sacerdote per vocazione”, diceva di sé, non era un burocrate ecclesiastico. Si immergeva totalmente nella vita dei luoghi, nei rapporti, in tutte le circostanze. Poi amava gli studi storici, con una particolare sensibilità per la terra e gli uomini. Infine di sé diceva ancora di essere “ diplomatico per obbedienza”.
Qualcuno ha detto che è nel novero di coloro che meglio hanno interpretato la parte diplomatica del Vaticano. Fu sempre immerso in situazioni di frontiera, fin dal primo incarico in Burundi, dal 1985 al 1991, trovandosi con coraggio a difendere la libertà di culto dei cristiani. Poi nell’Indonesia di Soekarno, con il problema che contribuì a risolvere della crisi di Timor Est. Dal 1998 fu a Gerusalemme, accreditato sia dagli israeliani che dai palestinesi. Ed è stato grande organizzatore di tre viaggi papali in Terra Santa. “Quello che occorre non è avere sassi da conservare – diceva – ma la presenza dei cristiani. Fu infine nunzio negli Stati Uniti dove morì.
“Il tema delle nostre conversazioni – ha ricordato monsignor Silvio Maria Tomasi, attualmente Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra – era come la Chiesa possa rispondere alle situazioni complicate e difficili del mondo d’oggi, in cui si possono trovare a vivere le comunità cristiane. Monsignor Sambi cercava nel dialogo la possibilità di far svelenire gli odi che portano alla violenza”.
Per monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e abate di Pomposa, Sambi ha dimostrato che non c’è fede senza obbedienza e non c’è valorizzazione dell’umano se non nell’abbandonare il sé nel più grande di sé, nella sequela di Cristo. Pertanto una comunità cristiana non è tale se non è segnata da questo destino di salvezza. Altrimenti è una setta.
(M.T.)