Persona e stato ieri e oggi

Press Meeting

“Pensiamo le civiltà antiche come affascinanti e sepolte, ma Buccellati ha recentemente scoperto nuove prospettive multidisciplinari. Archeologia, dottrina dello stato e religione si intrecciano”. Così esordisce Robi Ronza, giornalista e scrittore, presentando la tavola rotonda che vede come relatori Giorgio Buccellati, professore emerito di archeologia alla Ucla, Ignacio Carbajosa Pérez, docente di Antico testamento all’Università San Damaso di Madrid e Andrea Simoncini, docente di Diritto costituzionale all’Università di Firenze.
I tre relatori seguono uno schema ciclico a tre voci in cui di volta in volta approfondiscono i tre temi essenziali in cui è strutturata la tavola rotonda: comunità e società, l’impatto sulla persona, l’universalizzazione del modello, rispettivamente esaminati nella storia della Mesopotamia, nella Bibbia e nella prospettiva attuale.
Il primo giro di interventi evidenzia che l’introduzione del linguaggio articolato fa nascere una comunità meta-percettiva, nella quale i rapporti possono prescindere dal fattore interpersonale. Questa comunità è fondata sulla “funzionalizzazione dell’individuo”, dalla quale sorgono potere e politica, quindi lo stato, come mezzo di controllo sociale. Di contro nella Bibbia l’idea di popolo nasce dalla chiamata di Abramo: un fatto storico da cui l’io si costituisce come coscienza di appartenere al popolo di Dio. Elemento costituivo di questa società è la legge, intesa come la pratica dell’alleanza con Dio. È proprio il rapporto con Dio che definisce anche la persona, e conseguentemente la nozione di popolo e di famiglia.
“Ed oggi – si chiede Simonicini – cosa prevale? La funzione o la persona?” È una questione che ancora adesso, letteralmente da migliaia di anni, non ha trovato soluzione, con tutti i suoi corollari a proposito del territorio, del potere, del controllo amministrativo, della persistenza dei diritti.
Buccellati nota che la gestione del territorio (per gli amanti delle definizioni tecniche da lui identificato come “involucro metapercettivo funzionalizzante, che definisce l’appartenenza”) si è sempre basata sulle leve della deportazione e della suddivisione artificiale in province, fino all’evoluzione naturale che è l’impero, “massima consapevolezza ideologica ed amministrativa, che oggi si chiamerebbe globalizzazione”. Carbajosa, viceversa, nota che Israele ha trovato la sua vera identità storica proprio quando con l’esilio, ossia “senza re, senza terra, senza tempio”, compie il suo percorso pedagogico, tanto da far dire ai popoli vicini “Abbiamo udito che Dio è con voi”.
Da qui, prosegue Carbajosa, l’avvenimento dell’incarnazione e quindi la nascita della chiesa come “entità etnica sui generis”. “Sta in questa realtà – incalza Simoncini – il superamento dello Stato, oggi troppo piccolo per l’orizzonte globale”. Una realtà che non ha per scopo creare un suo Stato o qualunque altro sistema di potere, ma vivere tutto alla luce di questa Presenza.

(A.C., G.L.)

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