“Una storia di regali e dimenticanze, che cerco di raccontare in modo divertente, come fanno i comici”. Così Carlo Pastori parla della sua fatica teatrale, liberamente tratta dal romanzo di Joseph Roth.
Certo sono molte le cose che cambiano rispetto al romanzo: Milano e non Parigi, i Navigli al posto della Senna, Chiaravalle al posto di Notre Dame e via discorrendo.
Ma non cambia la vicenda umana del protagonista, oggetto di continui doni della Provvidenza e cronicamente incapace di esserne degno, pur desiderandolo.
È quindi una vicenda umanissima ed universale, alla quale lo spettatore viene introdotto per immedesimazione fin dalle prime battute di Pastori-bevitore, che accattona una sigaretta dal pubblico. Certo il cabaret ha reso la sua recitazione duttile, accattivante e multiforme. E tanti sono i personaggi di contorno alla vicenda dell’alcolista, interpretati tutti (anche nella medesima scena) dal solido Martino Zerbin, che con tutti i sapienti artifici del teatro dialettale e popolare dà vita alla semplice (e spesso arguta) folla di persone e di storie che intersecano quella del protagonista e dello spettatore.
La musica non è estranea alla performance di Pastori, ma oltre alla fisarmonica, che viene usata come la voce, l’ambiente quotidiano è arricchito sulla scena dalle musiche eseguite dal vivo da un trio d’archi. Vengono così riportate all’orecchio, in deliziosi arrangiamenti, musiche d’ambiente, da Amapola a Jannacci e Gaber, sorprendentemente a tono con la vicenda.
Insomma un variegato mosaico, in cui si snoda una vicenda in cui è impossibile non immedesimarsi, come è difficile non commuoversi per il destino del bevitore, che finalmente riesce a rispettare l’appuntamento con Santa Teresina. L’ultimo.
A.Cag.
Rimini, 23 agosto 2007