Alla presentazione della mostra dedicata alla figura di Michail Bulgakov manca purtroppo il fondatore della Fondazione Russia Cristiana, Padre Romano Scalfi. Il suo intervento viene letto da Adriano Dell’Asta, professore di letteratura russa all’Università Cattolica di Milano.
Si inizia con una citazione di un pensatore cristiano di inizio XX secolo, Pavel Florenski: “Perché il progresso abbia una ragione e una continuità è necessario aderire ad una fonte che sia inesauribile e sia luce, cioè bellezza ed unità”. Il vero progresso è quello che tende ad una realtà inesauribile. Da qui si deduce che la condizione umana in Paradiso non sarà statica, ma dinamica: se effettivamente Dio è infinito, neppure l’eternità può essere sufficiente a comprenderlo. “Già e non ancora” è l’espressione usata da alcuni teologi per indicare la contemporaneità della presenza e della lontananza del mistero, la convivenza di un punto certo di partenza e di un percorso senza fine. Il progresso più che in un fare, consiste in un modo d’essere, in una tensione.
La parola passa al professor Igor Ivanovic Vinogradov, direttore della rivista Kontinent. Vinogradov vede l’azione di una giustizia storica nella valorizzazione data dal Meeting a Bulgakov, tanto osteggiato in vita dal regime e dall’ideologia comunista. Tutti i suoi romanzi, insieme ad altre opere che, pubblicate postume, lo hanno reso famoso, ci sono arrivati solo in forma manoscritta, e sono stati editi solo col “disgelo” al tempo di Chruscev. La vera dimensione del suo genio ci è testimoniata dal romanzo “Il Maestro e Margherita”. L’impronta satirica è forte, ma l’opera nel complesso è molto differente dal primo Bulgakov: il Jeshua, il Pilato e gli altri personaggi del Maestro non sono macchiette, sono uomini responsabili, che provano a resistere al male del mondo. La garanzia che questa lotta non sia assurda sta in un cielo che non si può definire in senso stretto cristiano, ma, come dice Vinogradov, è “quel Cielo che sta al di sopra del nostro cielo”: e l’unica strada su cui ci si aspetta la vita e non la morte è quel raggio di luna su cui se ne vanno alla fine Jeshua e Pilato.
Dell’Asta si domanda: “Come si fa a concepire il progresso come un cammino e non come una pretesa di dominio e di potenza?”. Guardando la realtà con stupore, è la risposta. In guerra Bulgakov fa un esperienza drammatica della realtà, ma scopre che può comunque muoversi in questa realtà, che è misteriosa. Misteriosa non vuol dire senza una verità certa: l’inizio del Maestro, con la dimostrazione dell’esistenza di Dio, richiama un mistero che è presenza sperimentabile e irriducibile al proprio arbitrio. Ultimo aspetto che emerge dal Maestro è che il cammino verso la meta avviene in compagnia: Pilato in sogno immagina una realtà in cui non ha condannato Cristo. Al risveglio il sogno non c’è più, ma c’è qualcosa di più grande, il segno evidente della misericordia di Jeshua che lo prende per mano.
F. T.
Rimini, 26 agosto 2004