Rimini, venerdì 24 agosto 2018 – Si è svolto nell’Arena Cammini B2 l’incontro “Lavorare nel mondo, lavorare per il mondo”, nel quale è intervenuto Paolo Lembo, ex capo Missione ONU in Afghanistan, Algeria, Iraq, Yemen ed ex direttore del Centro Regionale ONU per lo sviluppo della regione Araba.
L’ONU è un’istituzione fondata nel 1945 per evitare l’insorgere di una terza guerra mondiale, che avrebbe determinato l’estinzione della specie umana. Dalla sua creazione, la struttura burocratica ed istituzionale è rimasta invariata, lasciando al potere gli stati usciti vincitori dalla Seconda Guerra Mondiale: USA, Francia, Gran Bretagna, Russia e Cina. Alla luce delle sfide odierne globali, le quali non tengono conto dei confini nazionali, questa istituzione risulta inefficace. “Il cambiamento clima-tico, le epidemie, i disastri climatici, il terrorismo religioso, non tengono più conto dei confini nazio-nali”, afferma Lembo. “È impensabile oggi avere un organo come il Consiglio di Sicurezza composto da soli cinque stati permanenti che ha diritto di veto su qualsiasi risoluzione. Con più di 180 nazioni che compongono l’Assemblea Generale, non esiste alcun motivo ragionevole che permetta a questi paesi di paralizzare l’intera struttura. Questa situazione crea molta sfiducia nei cittadini nei confronti dell’efficacia dell’ONU stesso”. Per questo motivo, continua Lembo, è necessaria un’immediata riforma strutturale delle Nazioni Unite, soprattutto ai suoi vertici. “Questa ristrutturazione servirebbe nell’immediato futuro, ma sarà un processo lungo e graduale. La difficoltà principale sarà convincere i componenti del Consiglio di Sicurezza a rinunciare al proprio diritto permanente di veto. Grazie al potere derivato da questa facoltà, spesso questi stati hanno potuto bloccare delle risoluzioni che andavano a favore delle popolazioni da loro occupate, o che avrebbero potuto ostacolare delle loro azioni militari e/o economiche, lasciandogli così campo libero.”
Il relatore osserva come tutte le realtà in cui operiamo siano imperfette, ma questa deve essere la primaria motivazione di impegno, per innovare e migliorare le istituzioni che sono incaricate di tran-sitare la popolazione verso il futuro, aiutandola nell’affrontare le sfide quotidiane che quest’epoca di cambiamento presenta, e l’Onu deve essere capofila in questo.
Ha ancora senso, quindi, lavorare per un’istituzione chiaramente fallace? “La soddisfazione dell’uomo – conclude Lembo – sta nel perseguire un fine che supera la nostra singola realtà. L’aspirazione umana fa parte del nostro patrimonio genetico, ed è quello che fa progredire il mondo. Lavorare ed adoperarsi per la pace e la cooperazione internazionale è il perseguimento di un fine umano, e richiede uno sforzo maggiore rispetto alla guerra. La pace è una realtà che ha bisogno di essere costruita e nutrita, e questo può essere fatto solamente da esseri umani che lavorano per un fine umano.”