NUOVA LEGGE SUL NO PROFIT, QUALI PROSPETTIVE?

Press Meeting

Le prime parole di Giorgio Vittadini, Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, recitano “Al fine di valorizzare…”. E, se il buon giorno si vede dal mattino, la nuova legge sul non profit, prossimamente al vaglio del governo e poi del parlamento, si annuncia come un cambiamento di non poco conto, “di importanza non inferiore alla riforma delle pensioni”. Una legge che è frutto, caso più unico che raro, di un dialogo trasversale tra parlamentari di diversi schieramenti, con il supporto fattivo dell’Intergruppo sulla sussidiarietà e di tante voci della società civile.
Dopo aver schematizzato i contenuti del disegno di legge, Mario Nuzzo, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo, ne ha colto anche le valenze inespresse. “I principi contenuti nel disegno di legge – ha affermato – hanno una forza espansiva che non va sottovalutata e che può pervadere anche altri settori, ad esempio la legislazione di incentivo e fiscale”. Il prelievo fiscale nei confronti delle organizzazioni non profit non può quindi ricalcare modalità delle imprese for profit.
Il segretario generale della Fondazione per la Sussidiarietà, Emmanuele Forlani, ha chiarito che “sussidiarietà non significa richiesta di finanziamenti e di concessioni del settore pubblico al privato, ma è un altro nome della libertà”, rappresentando una risposta della società alle esigenze concrete della persona che, nel nostro Paese, ha luogo fin dal Medioevo. Un esempio eclatante di sussidiarietà è il 5 per mille, scelto da 15 milioni di italiani, 9 dei quali l’hanno destinato al non profit. La legge quindi va a rispondere a una domanda pressante, anche se ci sono dei punti da rivedere sui temi dell’impresa sociale, degli enti non commerciali (attualmente identificati per l’attività prevalente anziché per l’essenzialità rispetto allo scopo) e sul volontariato.
Positivo sulla legge (da lui definita “una riforma radicale”) il giudizio di un’autorità in materia come Giuseppe Guzzetti, Presidente ACRI, secondo il quale la normativa attuale, risalente al 1942, è ormai obsoleta. Rimangono alcune limature da fare, in materia di fondazioni, ma all’interno di un quadro sostanzialmente positivo. Guzzetti ha espresso alcune considerazioni di più ampio respiro. “La classica distinzione tra diritto pubblico e privato, tra stato e individuo è ormai stata messa in crisi dalla realtà dei fatti – ha detto – Bisogna trovare il coraggio per intervenire a livello costituzionale, per salvaguardare l’originalità del privato sociale nella nostra democrazia, perché i corpi intermedi sono sempre presìdii di democrazia, di non prevaricazione di una parte della società sulle altre”.
Che il terzo settore non sia amato sempre da tutti, lo ha ribadito a chiare lettere anche il presidente dell’Agenzia per le Onlus, Stefano Zamagni, tra i maggiori studiosi dell’argomento. “Io parlerei senza mezzi termini di antisussidiarietà – ha denunciato – Di questo concetto tutti si riempiono la bocca, ma poi provvedimenti anche significativi restano lettera morta”. Altrove le cose vanno diversamente. In un paese statalista come la Francia, ad esempio, è stato istituito con successo il “Cesu”, un buono sociale per ottenere servizi, il 50% del quale è detraibile dalle tasse ed è sottoposto all’Iva del 5%. “Una legge del 2000 prevedeva anche per noi qualcosa di simile, ma non è mai stata applicata. Senza indipendenza economica varrà poco anche l’autonomia giuridica che questa pur buona legge tenta di dare al terzo settore”.
Norme più semplici, chiare e non affastellate, per dare riconoscimento ad un mondo che “non è né mercato né stato”, sono state chieste ad alta voce (non solo metaforicamente) e con grande riscontro di applausi dall’onorevole Gianni Alemanno. L’esponente di An ha poi parlato dell’Intergruppo per la sussidiarietà, definendolo “una grande risorsa per il nostro Paese, un esempio di lavoro per il bene comune senza che prevalga, come invece spesso accade altrove, il litigio politico”. L’obiettivo? “L’associazione o la cooperativa sociale devono essere in grado di andare dall’assessore di turno non in ginocchio, ma con la schiena diritta. Dove spendere i bonus sociali lo devono decidere le famiglie, non i burocrati”.
Conclusione riservata per ovvi motivi dal moderatore Antonio Quaglio, caporedattore de Il Sole 24 Ore, al viceministro dell’Economia Roberto Pinza. “L’anno scorso, qui al Meeting, prendevo l’impegno di costituire una commissione di riforma della legislazione sul non profit – ha ricordato Pinza – Oggio siamo qui con un prodotto finito”. Il vice ministro si è poi soffermato su un grande problema che la riforma del non profit ha l’ambizione di risolvere: “per eccesso di norma le associazioni non riconosciute sono un numero enorme. Persino i sindacati rientrano in questa categoria”. Altro tema, l’autonomia statutaria: “l’associazione si deve organizzare come vuole ( ovviamente nei limiti della legittimità); Il mondo dell’ economia è già orientato sull’autonomia dei modelli, e questo criterio è applicabile anche in questo campo”
Concludendo, Pinza ha citato la questione forse più importante: l’ esercizio dell’attività d’impresa da parte delle associazioni no profit. “Per noi si può esercitare – ha dichiarato l’onorevole – ma c’è un limite, ed è che l’ attività d’ impresa deve essere finalizzata allo scopo dell’ associazione”.
Alla fine cita Forlani: “ quello che ha detto è sacrosanto, l’associazione è sinonimo di libertà, e noi dobbiamo potenziare tutte le espressioni di libertà”.

E.A., G.Z.

Rimini, 24 agosto 2007