Rimini, 22 agosto 2024 – Alle 15:00, nell’Auditorium isybank D3 della Fiera di Rimini, si è tenuto il convegno “Nulla di ciò che è umano mi è estraneo. Luigi Giussani e la letteratura”, che ha messo in luce l’influenza che la letteratura ha avuto sulla formazione e sul pensiero di don Luigi Giussani, figura centrale del movimento di Comunione e Liberazione. All’evento, sostenuto da Tracce, hanno partecipato S.E. Mons. Massimo Camisasca, vescovo emerito di Reggio Emilia; Giancarlo Cesana, professore onorario di Igiene Generale e applicata all’Università Milano Bicocca; e Francesco Ferrari, sacerdote della Fraternità San Carlo Borromeo, che ha moderato e introdotto il dibattito.
L’influenza della letteratura nella vita di don Giussani
«Questo incontro è dedicato alla figura di don Giussani, alla sua persona e, in particolare, alla sua passione per la letteratura e al ruolo che essa ha giocato nella sua vita, nel suo pensiero e nella sua azione educativa», ha esordito Ferrari, sottolineando come per il sacerdote brianzolo la letteratura fosse un vero e proprio strumento educativo capace di aprire nuove prospettive e di approfondire la comprensione dell’umano e del divino. Citando la recente lettera di papa Francesco sull’importanza della letteratura nella formazione, ha evidenziato come i testi letterari possano educare e formare non solo i sacerdoti, ma tutti i fedeli. Letteratura che per don Giussani offriva dunque come una chiave per andare al cuore dell’esperienza umana.
Il legame personale con la letteratura
«Rimasi molto impressionato dal suo fare continuamente ricorso ad autori come Leopardi, Pascoli, Pavese, Ada Negri, Thomas Mann, Péguy, Mounier, Miłosz e tanti altri», ha ricordato Camisasca, sottolineando come, attraverso la proposta della lettura di queste opere, don Giussani riuscisse a far emergere strati nascosti dell’esperienza umana, non limitandosi a leggere i testi, ma recitandoli in tanti casi a memoria, offrendo interpretazioni che collegavano il mistero della vita alla bellezza drammatica delle opere letterarie. Una capacità anche di anticipare, già sin dagli anni Sessanta, temi come quello del fine vita leggendolo nelle Lettere sul dolore di Mounier. Per Camisasca questa passione per la letteratura in don Giussani era alimentata dalla ricerca di bellezza e verità, una ricerca sempre vissuta come ferita aperta, come desiderio insaziabile di comprendere e di esprimere l’umano nella sua pienezza. «Giussani ha operato in modo analogo a quanto scritto da papa Francesco: ha cercato di riconoscere la presenza dello spirito nella variegata realtà umana, cogliendo il seme già piantato negli avvenimenti, nella sensibilità, nei desideri, nelle tensioni profonde dei cuori»: la letteratura come mezzo per far emergere il senso del mistero e della bellezza nascosta in ogni aspetto della vita.
L’intelligenza della fede e la scoperta della verità
Cesana ha raccontato come il suo incontro con il Movimento sia avvenuto alle scuole superiori in modo problematico, confessando di essere all’epoca in cerca di un modo di cambiare la società, mentre i seguaci di don Giussani erano interessati all’incontro con Cristo e che una delle cose che nei primi tempi lo colpì maggiormente fu ascoltare un amico di Gioventù Studentesca che parlava dell’Ulisse dantesco come nessuno fino a quel momento gliene aveva parlato. «L’idea che la fraudolenza di Ulisse fosse molto più profonda e più radicale, come può essere la fraudolenza delle persone intelligenti, e che egli convinse i suoi amici a varcare le Colonne d’Ercole, ad entrare cioè nel mistero, con una nave piccola, cioè con dei mezzi inadeguati e per questo sono morti tutti, io questa cosa non l’avevo mai sentita», ha spiegato, aggiungendo che questo episodio segnò così l’inizio del suo avvicinamento al Movimento facendogli comprendere che esisteva anche un’altra scuola, più profonda della scuola stessa.
«Giussani proponeva un modo intelligente di vivere la fede, di vivere una verità che illumina la realtà, e ad affrontare le difficoltà anche quando la difficoltà è imponente. Una fede non ridotta a un racconto per bambini, ma una vera intelligenza della realtà», ha detto Cesana, spiegando che questa intelligenza derivava da un attaccamento profondo alla realtà, un’energia affettiva che trasformava la fede in un’esperienza viva e concreta. Tra le opere che maggiormente lo hanno segnato, Cesana ha indicato quelle di Eliot, che descrive la tensione morale e spirituale dell’uomo moderno, e di Miłosz, che esprime drammaticamente come l’amore possa essere al contempo una forza dolce e crudele.
Leopardi, Péguy e la bellezza drammatica della vita
Libri, quelli di Giussani, pieni di riferimenti a poeti, a testi di prosa, teatrali, a diari, biografie. Non solo citazioni come se egli volesse sostenere le sue tesi facendole arricchire da un altro, ma contributi accolti come parte integrante di un racconto. Il rapporto di don Giussani con i tanti autori non può però essere descritto allo stesso modo, ha spiegato Camisasca. Con alcuni come Leopardi e Péguy, il pensiero e le opere dei quali hanno profondamente influenzato il suo, Giussani ha convissuto, vivendo una vera esperienza comune. Due autori incontrati da Giussani in momenti differenti della sua vita, Leopardi già a 12-13 anni. Un incontro che lo segnò profondamente spingendolo ad una intensa riflessione sul mistero dell’esistenza. «Avrebbe potuto perdersi se avesse continuato a seguire soltanto Leopardi invece, per grazia, riuscì a scoprire un nuovo sguardo, facendo dei passi oltre». Questo legame con il poeta di Recanati, così come quello emerso nel corso degli anni con altri autori, dimostra come per Giussani la letteratura fosse non solo un mezzo per esprimere il mistero della vita, ma anche un cammino di scoperta personale lo portò a una comprensione più profonda della fede cristiana.
«Nella bellezza è nascosta la verità cui tutti aspiriamo», ha affermato Camisasca, riecheggiando una delle intuizioni fondamentali di Giussani e il suo essere così fortemente attratto dalla bellezza. Una bellezza che vibrava dell’urgenza di essere conosciuta da tutti. «Giussani consigliava e metteva in mano dei libri, anche in confessionale, come sappiamo», ha concluso.
L’eredità letteraria e spirituale di don Giussani
In conclusione, Cesana ha riflettuto sull’eredità di don Giussani, in particolare sul modo in cui la sua passione per la letteratura ha influenzato la formazione di molti giovani e adulti all’interno di CL. Ha ricordato don Fabio Baroncini, il primo sacerdote del Movimento, che ha svolto un ruolo cruciale nel trasmettere questa eredità, promuovendo la lettura e la riflessione sulle opere che Giussani considerava fondamentali: «Don Fabio Baroncini riproponeva i testi su cui Giussani aveva fondato la sua genialità educativa, ma lo faceva come domanda, come ricerca personale», ha spiegato Cesana, sottolineando l’importanza di non limitarsi a ripetere passivamente, ma di rivivere l’esperienza con la stessa passione e intelligenza. Questo approccio ha permesso a molti di riscoprire il valore della letteratura come strumento di crescita spirituale e di comprensione della vita. Cesana ha quindi ribadito come la sequela di don Giussani gli abbia consentito di scoprire il “genio”, inteso come «colui che sa vedere e indicare ciò che tutti gli altri cercano, ma che tutti gli altri non sanno vedere e indicare», ricordando che il fondatore di CL era un vero genio, capace di aprire nuove prospettive e di illuminare la realtà con la sua intuizione profonda e la sua fede incrollabile.
Rispondendo infine ad un’ultima domanda su cosa fosse per don Giussani l’intelligenza della fede, Cesana ha detto che per il sacerdote lombardo essa era una comprensione della realtà derivante dall’impegno della propria energia affettiva con la realtà e con le persone. Proprio grazie all’incontro con questa genialità, Cesana si è avvicinato alla fede così come definita dall’allora cardinale Ratzinger: un’obbedienza del cuore alla forma di insegnamento alla quale siamo stati consegnati. Un’obbedienza per cui si è disposti a seguire l’altro più di sé, perché la fede è questo, un affidamento. «Dobbiamo pregare la Madonna», ha terminato l’ospite, «ché ci faccia sempre vedere la possibilità di non perderci, perché ciò che realizza un’esperienza come la nostra è l’entusiasmo, cioè Dio dentro l’uomo. Questo è l’intelligenza».
Un invito alla scoperta e alla riflessione
Ferrari, concludendo il dibattito, ha ringraziato Mons. Camisasca e Cesana per le testimonianze offerte, sottolineando come da esse sia emersa una preziosa opportunità per riscoprire la ricchezza della letteratura e della fede. «La bellezza ci intercetta così tanto perché capiamo che c’è una fioritura dell’umano e, quindi, anche della possibilità di incontrare la persona di Gesù Cristo», ha detto, citando la recente lettera di papa Francesco sulla letteratura.