Non ci sono più cristiani tranquilli

Redazione Web

Rimini, 21 agosto 2024 – Alle 19:00, nella Sala Gruppo FS C2 della Fiera di Rimini, si è svolto il convegno “Non ci sono più cristiani tranquilli”. L’incontro, che ha visto la partecipazione dello scrittore e saggista francese Jean de Saint-Cheron, premio Giuseppe Toniolo 2023, e di Paolo Prosperi, sacerdote della Fraternità San Carlo Borromeo, è stato moderato da Francesco Magni, docente di Pedagogia Generale e Sociale presso l’Università degli Studi di Bergamo. Il titolo prende spunto dal messaggio di papa Francesco al Meeting di quest’anno, in cui il Pontefice ha esortato a «ritornare all’essenziale che è Gesù» per affrontare le sfide del nostro tempo. Il dibattito ha esplorato il significato di questa affermazione nel contesto della società odierna, riflettendo su come la fede cristiana possa ancora essere rilevante in un mondo sempre più secolarizzato.

Introducendo l’incontro, Magni ha richiamato tali parole del Papa, sottolineando l’importanza di vivere la fede cristiana non come una fuga dalla realtà, ma come un impegno profondo nella storia e nelle sfide del nostro tempo. Ha ricordato come il tema del Meeting di quest’anno inviti tutti a interrogarsi su ciò che veramente conta nella vita e su come la fede possa essere una guida per affrontare le complessità del presente. Ha poi invitato i relatori a confrontarsi sul tema della “non tranquillità” del cristiano, riprendendo una frase di Pascal citata da Saint-Cheron nel proprio libro: «Sono pochi i veri cristiani». In un contesto in cui il cristianesimo sembra sempre più marginale, quale spazio rimane per la fede cristiana nella società contemporanea? Come può un cristiano vivere autenticamente la propria fede in un mondo che sembra spesso ignorare o addirittura opporsi ai valori cristiani?

Jean de Saint-Cheron: il cristianesimo come scelta scomoda

Lo scrittore francese ha aperto il suo intervento con un aneddoto personale che ha messo in luce la trasformazione della pratica cristiana nel corso degli ultimi decenni. Ha ricordato come, 38 anni fa, quando venne battezzato, il curato del suo villaggio in Francia notava già una diminuzione della partecipazione alla messa domenicale, ma considerava questo fenomeno come un’opportunità per una fede più autentica, non dettata dal conformismo sociale. Saint-Cheron ha poi citato il cardinale Lustiger, che negli anni ’80 affermava provocatoriamente che «il cristianesimo è solo all’inizio della sua storia», suggerendo che la vera sfida per i cristiani è vivere la fede come una scelta scomoda, in contrasto con il cristianesimo borghese che si adatta alle esigenze sociali. «Essere cristiani oggi non può essere una scelta di tranquillità; è una scelta che disturba. Se si decide di essere cristiani per vivere tranquillamente, forse non si è capito cosa significa davvero essere cristiani». La fede cristiana, infatti, richiede «un impegno quotidiano, una continua conversione, che non si esaurisce mai. La pratica della fede, nella sua forma più autentica, deve essere una risposta alle domande più profonde dell’esistenza e non semplicemente una tradizione da seguire per abitudine». Al giorno d’oggi «la vera sfida è mantenere viva la fede in un contesto culturale che spesso spinge verso il relativismo e l’indifferenza religiosa».

Paolo Prosperi: la scomodità della fede cristiana

Prosperi ha proseguito il dialogo con una riflessione: la “non tranquillità” è l’essenza della vita cristiana. Lo stesso don Luigi Giussani esortava i suoi discepoli a non essere mai tranquilli, quasi come se questa fosse la virtù cristiana per eccellenza. Prosperi ha poi esplorato la figura del borghese come colui che cerca una vita comoda e agiata, in contrasto con il vero cristiano, che è invece chiamato a vivere l’inquietudine dell’insoddisfazione: «Il vero rivoluzionario non è colui che cerca di cambiare il mondo con le proprie forze, ma il supplice, il mendicante che riconosce la propria incapacità di raggiungere la pienezza della vita da solo e si apre alla grazia di Dio. Il vero cristiano è colui che vive la vertigine del desiderio di qualcosa che non può ottenere da sé», ha affermato, evidenziando come la fede cristiana sia una continua tensione verso un dono che si riceve solo dall’altro. «Il cristianesimo è una religione che sfida l’autosufficienza e invita a vivere l’apertura e la dipendenza dall’amore divino», ha ricordato, ampliando poi il discorso: «La vera libertà cristiana non consiste nell’autonomia o nell’indipendenza, ma nella capacità di affidarsi completamente a Dio, riconoscendo la propria debolezza e accogliendo l’amore divino come la forza che guida ogni azione». Al contrario, il cristianesimo borghese cerca di addomesticare la fede, riducendola a un insieme di regole e di abitudini sociali, piuttosto che viverla come una relazione viva e trasformante con Cristo.

La figura del santo come modello di vita cristiana

Il dibattito è proseguito con una riflessione sulla figura dei santi, visti non come superuomini, ma come modelli di vita cristiana che incarnano l’essenza della fede. Jean de Saint-Cheron ha sottolineato come i santi siano coloro che hanno saputo riconoscere e vivere l’abisso dell’insoddisfazione umana, trasformandolo in un cammino verso Dio. Ha citato Blaise Pascal per dire che l’uomo è talmente grande che solo Dio può colmare il suo desiderio di felicità. Peculiare anche l’esempio di padre Pierre Serac, un gesuita missionario in India, che ha dedicato la sua vita ai più poveri, dimostrando come la vera santità risieda nella capacità di amare senza condizioni. «Nessuno resiste all’amore», ha commentato lo scrittore francese, «la santità non consiste in grandi gesti, ma nella fedeltà quotidiana alle piccole azioni d’amore. La vita dei santi parla con forza anche a chi non è credente, mostrando la bellezza di una vita vissuta nell’amore». È la loro testimonianza che tocca i cuori delle persone in modo profondo, al di là delle parole o delle opere visibili, perché ciò che conta è l’autenticità di una vita vissuta in conformità al Vangelo. Tra gli esempi citati anche quello di Teresa di Lisieux, la cui vita apparentemente ordinaria ha ispirato milioni di persone in tutto il mondo, dimostrando che la santità è accessibile a tutti, non solo ai grandi mistici o agli eroi della fede.

La testimonianza cristiana nel mondo contemporaneo

La parte finale del convegno è stata dedicata alla missione: come i cristiani possono testimoniare la loro fede nella società contemporanea? «È importante non vergognarsi della propria fede», ha risposto Saint-Cheron, «ed evitare il ripiegamento su una sottocultura cristiana che isola i credenti dal resto della società. I cristiani devono vivere la loro fede in modo autentico, senza cedere alla tentazione di chiudersi in cerchie ristrette. La vera cultura cristiana deve continuare a dialogare con il mondo, senza paura di confrontarsi con la cultura laica», perché la bellezza e la verità del cristianesimo possono ancora parlare al cuore dell’uomo moderno. Ha suggerito che i cristiani dovrebbero essere più coraggiosi nell’affrontare le sfide del mondo moderno, senza paura di essere in minoranza, ma con la consapevolezza che la loro fede può ancora offrire risposte significative alle domande fondamentali dell’esistenza umana.

Prosperi ha invece sottolineato l’importanza di un dialogo «umile e audace» con il mondo. Ha criticato sia l’atteggiamento tradizionalista, che tende a isolare la dottrina cristiana dalla realtà contemporanea, sia l’approccio “cattoliberale”, che rischia di diluire l’essenza del messaggio cristiano per renderlo più accettabile, indicando una terza via: «Lasciarsi provocare dalle domande del mondo, riconoscendo che anche la dottrina cristiana può essere approfondita e arricchita attraverso il dialogo con la cultura contemporanea». La conclusione è stata affidata a una citazione di Dostoevskij: «La bellezza salverà il mondo», come a sottolineare «che la testimonianza cristiana deve essere prima di tutto una testimonianza di bellezza e di verità vissuta». Prosperi ha poi concluso: «Il cristianesimo, lungi dall’essere una dottrina chiusa e immutabile, è in realtà un cammino di continua scoperta e di crescita, in cui le sfide del mondo possono diventare occasioni per approfondire la comprensione della fede e per rinnovare la missione della Chiesa. I cristiani non devono temere il confronto con le idee e le culture diverse, ma è proprio in quelle circostanze che possono scovare un’opportunità per testimoniare la verità del Vangelo in modo sempre più autentico e convincente».

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