È docente di Letteratura italiana all’Università del Cairo, il professor Abdel-Fattah Hassan, ma anche ex deputato (nel 2005), dei Fratelli musulmani e futuro candidato al parlamento egiziano per conto di “Libertà e giustizia”, braccio politico della Fratellanza. Ma soprattutto, per il popolo del Meeting, è colui che in pochi mesi ha tradotto in arabo il Rischio educativo di don Giussani. Un testo – ha spiegato il docente durante la conferenza stampa delle 13.00 – che contiene importanti elementi di carattere universale: il “cuore”, uguale in ogni uomo, come capacità di giudizio per trovare il bello, il bene e il giusto; l’educazione come sfida decisiva del nostro tempo; l’importanza di educare i giovani alla convivenza e al dialogo; la necessità di un’autorità che sostenga una formazione sana e giusta.
A don Ambrogio Pisoni, dell’Università Cattolica di Milano, il compito di descrivere l’incontro, al Cairo, con il professor Hassan che, come volontario, lavorava in qualità di interprete al Meeting egiziano. Pisoni ha anche ricordato che è in via di completamento la traduzione in arabo dell’ultimo volume del PerCorso di don Giussani: Perché la Chiesa.
Se all’inizio ha parlato il traduttore e il docente, anche come politico Hassan ha voluto esprimere il suo pensiero. “I Fratelli musulmani non hanno mai avuto collusioni con il terrorismo di Al Qaeda, e non ci sono mai stati legami con Al Zawahiri o Ben Laden, o con altri sostenitori del jihad; la Fratellanza musulmana incarna l’islam autentico e moderato”.
Hassan ha voluto fugare i timori esposti sia dai giornalisti italiani che da un editore egiziano, musulmano anche lui, presente in sala: Saied Shoaaib, del giornale “Settimo giorno”. Shoaaib, parlando in arabo, ha accusato Hassan e il suo movimento di voler imporre in Egitto, con la complicità dei salafiti, un regime teocratico, contrario ai diritti dell’uomo, sul modello dell’Iran e del Sudan. Hassan, dopo aver tradotto in italiano le critiche, ha chiesto di essere giudicato sui fatti e non sulle intenzioni che qualcuno vorrebbe attribuirgli.
Il docente ha ribadito che in ottant’anni di storia la Fratellanza non si è macchiata di alcun reato e che non bisogna accomunare ai Fratelli musulmani quanti travisano le opere dei più grandi autori di questo movimento, magari affermando di ispirarsi ad esse. Hassan ha riconosciuto che ci sono “persone che, dopo anni di dittatura, adesso fanno stupidaggini e parlano magari senza capire quello che dicono; oggi l’Egitto è come un fiume impetuoso, che travolge tutto ma che prima o poi tornerà alla calma e sulle sue acque musulmani e cristiani navigheranno uniti e compatti”.
Quanto alla spinosa questione della sharia, che gli islamici più intransigenti vorrebbero fonte essenziale della nuova costituzione egiziana, Hassan ha affermato che si cercherà di riconoscere il diritto dei non musulmani di fare ricorso alle proprie giurisdizioni. “La nostra giurisprudenza – ha spiegato il professore del Cairo – distingue fra la sharia, che viene applicata per i musulmani, e la legge dello stato che invece è uguale per tutti. La giurisprudenza islamica non permette che i cristiani soffrano ingiustizie o siano costretti a compiere atti contrari alla propria religione”. Il partito “Libertà e giustizia”, il cui vicepresidente è pure un cristiano, ritiene comunque che il capo dello stato, in un paese a stragrande maggioranza islamico, debba essere musulmano, mentre il premier può essere tranquillamente di un’altra religione. Ad ogni modo, secondo Hassan, chiunque è libero di candidarsi a qualsiasi carica, perché “il nuovo Egitto democratico e costituzionale garantirà i diritti di tutti, a qualsiasi religione appartengano”
Presente all’incontro con i giornalisti anche Wael Farouq, anche lui docente all’università del Cairo e vicepresidente del Meeting della capitale egiziana. Farouq ha chiesto di non sacrificare alla politica le cose nuove e importanti che sono nate in Egitto: “Siamo egiziani, cristiani e musulmani, e usiamo i libri di don Giussani per educare a capire ed accettare l’altro; non riduciamo tutto alla politica ma partiamo dal nostro vivere e lavorare insieme”.