Musiche e balli dal mondo

Press Meeting

È iniziata oggi, alle ore 20 in Arena Frecciarossa B7 la serie che raccoglie spettacoli assai diversi per forma e luogo di provenienza, accostati insieme a formare un panorama artistico variegato ma quanto mai efficace delle periferie del mondo.
L’esordio è preso in carico da Gianni Aversano, cantautore napoletano che presenta vari brani tratti dalla sua ultima fatica discografica, il cd Miserere ‘e me, in cui attinge anche a tradizioni diverse da quelle napoletane, rielaborando testi e musiche che acquistano un’impronta popolare e partenopea e vengono riproposte nella formazione con voce, chitarre, percussioni, mandolino e sax. Si parte da due brani originali su testo del poeta Salvatore Palomba, di cui uno, Maronna mia, scritto per Mario Merola, per arrivare a Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, presente con una ninna nanna settecentesca e con un’Adorazione dei pastori in forma di pizzica salentina. È presente anche la tradizione siciliana, con una Tentazione di San Giuseppe riscritta in napoletano, con l’angelo che ferma la mano vendicatrice del guappo-santo, la tradizione della Corsica con una Ave Maria e un arditissimo ma efficace Inno alla Vergine (parole di Dante Alighieri, musica della tradizione campana) in forma di tammurriata.
È il momento dell’accostamento più ardito, e il palco viene ceduto al Koinonia Acrobatic Team proveniente da Nairobi. È padre Renato ‘Kizito’ Sesana, per tutti padre Kizito, che spiega le origini del gruppo di danza acrobatica, frutto “del lavoro missionario nella periferia di una periferia, e precisamente lo slum di Nairobi chiamato Kibuli, dove la polizia va a cercare gli autori delle rapine a mano armata appena denunciate”. È qui che padre Kizito lavora dal 1988, usando la danza, la musica e il teatro “per aiutare i bambini di strada a crescere”. È infatti nella danza, secondo la cultura keniota, che “si ritrova l’unità fra corpo e spirito, e quindi quest’attività offre straordinarie possibilità di espressione”.
Così il Team acrobatico ha allestito per il Meeting, insieme ad un coreografo e ad altre collaborazioni teatrali, una versione originale della favola The Strange Tree, che in italiano recita “Una fame che ci vedo!”. La trama è semplicissima: cogliere i frutti di un albero che pende dal cielo, visibili ma altissimi, con cui si realizza una bevanda rara e inebriante. Ecco quindi una molteplicità di tentativi, resi da acrobazie di piramidi umane, ed una molteplicità di discordie sulle tecniche da utilizzare, resi con frenetici mix acrobatici accompagnati da percussioni in diretta. Ma solo una bambina riesce a cogliere i frutti, semplicemente aspettando che l’albero li depositi nella sua borsa. A complicare le cose arriva un bianco (“è il personaggio in cui più mi riconosco”, aveva detto padre Kizito) che dovrebbe garantire l’ottenimento dell’obiettivo, ma va incontro a clamorose sconfitte. Almeno fino a quando non si lascia guidare dalla bambina.
Lieto fine dunque, applausi a scena aperta e generosissime concessioni di bis da parte degli acrobati e percussionisti di Nairobi.
Forse in apertura di spettacolo la frase “in questa piazza le diverse esperienze dell’uomo di fronte alla vita hanno lo stesso cuore, che mette in moto verso la realtà” pronunciata da Otello Cenci, direttore artistico del Meeting, poteva sembrare astratta, ma non lo era certo nei quindici minuti di applausi e bis finali.
(A.C.)

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