“L’infinito è cosa che ci sconvolge ma è un’entità con cui dobbiamo misurarci. Invece le decisioni politiche sono spesso affette da una totale mancanza di infinito, anche solo nel senso di tempo e di spazio”. Verso la fine del suo intervento, il presidente del consiglio Mario Monti ha interrotto il filo delle sue considerazioni politiche ed economiche e preso spunto dal titolo del Meeting che campeggia davanti a lui, dall’altra parte della sala, per dare una sua valutazione su una certa politica localistica e di corto respiro. “Questo appiattirsi dell’orizzonte politico – ha proseguito il primo ministro – è all’origine dei principali mali della nostra società, come un certo populismo demagogico risorgente in Europa, che vuole allontanare da sé ogni forma di diversità e chiudersi nei suoi confini”.
Monti ha preso la parola nel corso dell’incontro inaugurale del Meeting: “I giovani per la crescita”, svoltosi in un auditorium B7 strapieno: oltre diecimila i presenti. Aveva appena visitato la mostra che ha suggerito il titolo dell’incontro: “L’imprevedibile istante. I giovani e la crescita”. Lo avevano preceduto la presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli Emilia Guarnieri e Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. L’intervento del premier, punteggiato da numerosi applausi nell’auditorium B7, ha inteso prendere sul serio la proposta del Meeting, tessendo una trama fatta di ricordi (venne a Rimini nel 1998, quando era Commissario europeo alla concorrenza), di analisi e giudizi severi. Un intervento non privo di speranza, tanto che il capo del governo ha affermato di “vedere avvicinarsi il momento di un’uscita” dal tunnel della crisi, ricordando però che siamo ancora “delle lumachine agili e disciplinate ma costrette a tirarsi dietro il pesante fardello di un grosso debito pubblico”. Una metafora ferroviaria, che ha avuto la sua esplicitazione al termine dell’incontro, quando Monti ha dato il simbolico fischio di partenza alla Frecciarossa 1000 delle Ferrovie dello Stato, in mostra nel padiglione B5.
Il capo del governo ha ribadito che all’origine dei guai del nostro Paese ci sono state politiche economiche e sociali, “nate certo da buone intenzioni”, che hanno cercato di soddisfare tutte le richieste delle parti sociali, scaricandone però “gli oneri sui bambini e sulle persone che ancora non erano neanche nate”. “Una volta ho parlato di ‘generazione perduta’. Era una cruda constatazione – ha ricordato, fra gli applausi – Mi riferivo allo sperpero di una generazione che subiva le conseguenze della scarsa lungimiranza di una classe politica incapace di onorare i propri doveri. Questa generazione, adesso, sta pagando un conto salatissimo”. Come risalire la china? Certamente non uscendo dall’euro, “che ha avuto il pregio morale di cambiare la condotta disinvolta di tanti Paesi”. Monti ha rilanciato l’Europa, citando De Gasperi, e ha sottolineato il dna europeista del suo esecutivo, difendendone l’operato: la riforma delle pensioni e del mercato del lavoro, le liberalizzazioni per favorire la concorrenza ed eliminare tasse occulte e rendite di posizioni, il contenimento della spesa pubblica, la lotta all’evasione. “Oggi possiamo guardarci con moderata fi-
ducia – ha sostenuto il premier – e godere della fiducia dei nostri partner europei e dei Paesi emergenti, che ci ascoltano senza la diffidenza che caratterizza i loro rapporti con le grandi potenze”.
Rispondendo infine a due studenti universitari, Marco e Maddalena, che hanno lavorato alla realizzazione della mostra, Monti ha sferzato un certo mondo universitario, che lamenta la scarsità delle risorse ma continua a fare concorsi “più aperti all’influenza del baronato che alla concorrenza”. Quanto al sostegno per i giovani che vogliono fare impresa, il premier ha ricordato le varie forme di incentivazione a loro riservate, invitandoli a cogliere tutte le opportunità offerte dall’economia digitale.
Prima del presidente del Consiglio, sono intervenuti Emilia Guarnieri e Giorgio Vittadini. “La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito – ha esordito la presidente del Meeting – inteso non tanto un generico rimando dell’uomo a qualcosa che è più grande di lui, ma un rapporto che lo definisce nella sua natura, nella sua affettività, nella sua libertà. Don Giussani, ne Il senso religioso, afferma che quando l’uomo cerca la felicità non è appagato da alcun oggetto nel cui raggiungimento l’aveva riposta, quando ricerca la verità delle cose sa che c’è una conoscenza che è sempre oltre”. Secondo Guarnieri è così vero questo carattere esigenziale della vita che allorché una persona, per scetticismo o per paura, smette di accettarlo e di obbedire ad esso, “tutto si blocca: la rendita distrugge l’economia, la ricerca del quieto vivere impedisce ogni esperienza affettiva duratura, l’incapacità di accettare la verifica della realtà genera la violenza dell’ideologia”. La scommessa del Meeting è che “tutto ciò emerge in questi giorni non come dibattito teorico, ma come testimonianza e come riflessione e confronto, carichi di ragioni, sulla vita e sulle questioni concrete che gli uomini si trovano ad affrontare”.
“Le nubi della crisi sembravano diradate – ha esordito Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà – e pareva tornare il sereno. Ora si capisce che il cammino verso la ripresa è ancora lungo, e sono forti le resistenze a un cambiamento positivo”. Il fatto che può far fare il salto di qualità è “vivere la realtà come una provocazione che ridesta il desiderio e la domanda che, per quanto riguarda l’Italia, significa anche ingegno, conoscenza, creatività, forza di aggregazione”. Un desiderio che si qualifica come “l’imprevedibile istante in cui l’io accetta di rimettersi in discussione per un desiderio insopprimibile di bene, e la crisi diventa una sfida per il cambiamento, che in 150 anni l’Italia ha saputo ritrovare molte volte”. Vittadini poi si è soffermato sul tema dell’istruzione. “Rispetto alla alle realtà scolastiche, nel 2010 il 30,8 % degli studenti, ovvero 195mila ragazzi, hanno abbandonato la scuola superiore statale. Nella classifica Ocse, la scuola di certe regioni italiane si colloca agli ultimi posti per risultati qualitativi. Perché? Contrariamente a quello che si crede le risorse investite non sono poche. È un problema culturale e di ragioni. In Italia, come dice l’Istat, a cinque anni dalla laurea, sono soprattutto i giovani di famiglie ricche ad avere contratti stabili e maggiore reddito”. La crisi, in questo contesto, può diventare una paradossale opportunità. “Ci costringe a tornare alla verità della nostra esperienza umana, secondo quanto trentacinque anni fa, don Giussani indicava profeticamente”. Il sacerdote lombardo infatti parlava della “morsa di una società avversa che si stringe attorno a noi fino a minacciare la vivacità di una nostra espressione, aizzando le già naturali incertezze”. Ma proprio questo è il momento della persona in cui si può risvegliare il desiderio. Anche il desiderio di costruire il bene comune del proprio Paese.
(F.P., D.B.)
Rimini, 19 agosto 2012