“MIA SORELLA LA VITA”. BORIS PASTERNAK

Press Meeting

“Simbolo morale, spirituale, speranza per la Russia e milioni di persone nel corso del Novecento. Più di un semplice autore.” Con queste parole Giovanna Parravicini ha introdotto l’incontro sul grande scrittore Boris Pasternak nella sala C1 alle ore 15.00. Oltre a Parravicini, ricercatrice della Fondazione Russia Cristiana, sono intervenuti Adriano Dell’Asta, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Mosca e Ol’ga Aleksandrovna Sedakova, poetessa, traduttrice e narratrice russa. L’incontro si proponeva come introduzione alla mostra sull’autore russo esposta nei padiglioni del Meeting.
“La forza principale che ha aiutato Pasternak a superare il gravame del tempo in cui gli toccò vivere è l’arte, la vocazione poetica. Mia sorella la vita è l’espressione della felicità colma di gratitudine dell’esistere”. Così viene ricordato dal figlio, Evgenij Pasternak, nello scritto inviato al Meeting e letto in presentazione da Parravicini. Ol’ga Sedakova spiega come in Pasternak “arte, vita, dono, cristianesimo, realismo convergano nel fatto di essere innanzitutto dono e volontà di dono, sconfinata generosità”. Con lo scrittore russo si assiste quindi ad una vera e propria rivoluzione, prosegue ancora Sedakova. “Il concetto usuale di cristianesimo, teologia, religiosità è troppo lontano da quello che incontriamo in Pasternak, che parla di tutto questo in un linguaggio volutamente ‘laico’, ‘quotidiano’ non formalmente ‘ecclesiastico’”. Secondo la scrittrice, Pasternak ha una visione della vita secondo cui proprio l’arte – e l’immagine come principale strumento di questa conoscenza – riesce ad esprimere il nocciolo della questione, l’essenza della vita e della verità, più da vicino e con maggiore esattezza di quanto possano esprimere i concetti: “Nell’arte egli vede un servizio all’immortalità, un lavoro per superare la morte, uno sforzo di resurrezione”. “Il legame tra il cristianesimo di Pasternak e il tema di questo Meeting di Rimini – ricorda infine Sedakova – sta proprio nell’esperienza della certezza, così come della fedeltà”. Scrive infatti lo stesso Pasternak: “Ce ne sono al mondo di cose che meritino fedeltà? Ben poche. Io penso che si debba essere fedeli all’immortalità, quest’altro nome della vita, un po’ più forte. Essere fedeli all’immortalità, fedeli a Cristo!”.
Dell’Asta ha ricordato che dopo la pubblicazione in Occidente del Dottor Zivago, dopo il premio Nobel al suo autore e le successive polemiche, egli era stato espulso dall’Unione degli Scrittori per “la gravità dei riflessi politici suscitati dal suo atteggiamento”. “Si badi – precisa lo studioso – non per quello che aveva fatto lui, ma per i riflessi suscitati in altri, non in lui e da lui”. Insomma, il trionfo dell’ideologia (in questo caso socialista) e la distruzione della realtà con la pretesa da parte dell’uomo di sostituire alla sua complessità e varietà uno schema creato dall’uomo.
“Pasternak – continua il relatore – è l’esatto contrario di questa riduzione nella quale la realtà si perde e la nostra stessa esistenza smarrisce il suo senso e i suoi contorni. Per l’ideologia invece la vita individuale non ha più alcun valore, viene travolta con la morte e la perdita della memoria”. Dell’Asta annota che l’arte del grande russo ci parla della scoperta del reale “nella sua misteriosa e multiforme complessità”. Egli proprio in virtù di questa visione della realtà si contrappone al razionalismo marxista, non perché sia un irrazionalista, ma in quanto “cerca un senso, una ragione della vita contro ogni irrazionalismo”. Un senso misterioso e non creato dall’uomo, ma che “comunque è per l’uomo, per la sua felicità”.
La vita dei protagonisti del romanzo è guidata – continua ancora Dell’Asta – da un destino che “sotto l’apparenza del caso e delle coincidenze apparentemente più fortuite, rivela invece una sapienza che non è meno potente e reale per il fatto di essere misteriosa e nella quale però, a dispetto di ogni pretesa dell’universale di assorbire e annullare il particolare, persino le cose più piccole e personali si trovano inserite nella grande storia dell’universo e si scoprono addirittura essenziali per lo sviluppo di questa storia”.
“Con il cristianesimo – è la conclusione del ricercatore – quello che di nuovo è entrato nella storia è proprio il fatto che un particolare unico abbia assunto valore universale e abbia salvato la storia. Cristo in Pasternak non si riduce a una morale ma viene riconosciuto come senso delle cose concrete di ogni giorno”. È anzi visto come “un uomo la cui vita e la cui libertà risultavano più reali, più certe e durevoli proprio per il fatto di essergli donate”.
Lo scrittore russo nel suo romanzo celebra la vita concreta e questo lo rende irriducibile al razionalismo marxista che non comprende la vita degli individui. Egli non si contrappone da un punto di vista politico ma artistico, anche perché, come lo scrittore stesso ebbe a dire, l’arte è “più alta di tutte le Alpi di celebrata altezza, ma giace nell’erba, sotto i piedi, così che basta solo chinarsi a vederla e raccoglierla da terra”.

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