“Dopo che l’anno scorso ho pubblicato il mio libretto Contro la letteratura – ha ricordato in apertura il poeta e scrittore Davide Rondoni – dedicato allo sterminio che ne viene fatto nelle aule scolastiche, mi sono trovato in molti casi a discutere con insegnanti e studenti sul perché debba essere dato spazio allo studio di Manzoni, come di altri autori, e a questo capolavoro. Non per idolatria della letteratura, ma perché se a un giovane non dai occasione di confrontarsi, come con un compagno di strada, con alcuni capolavori dell’arte, su cosa voglia dire amare, soffrire, attraversare il caos della storia (“il guazzabuglio del cuore”, come diceva Manzoni), con chi si confronta? I capolavori sono grandi compagni di strada, che permettono di mettere meglio a fuoco la vita”. Le parole di Rondoni introducevano Mario Morcellini, preside della facoltà di Scienze della comunicazione all’Università di Roma.
Morcellini inizia col definire la parola popolo e sottolinea la sua importanza nei Promessi sposi. Facendo riferimento a studi sociologici, spiega la differenza tra folla (“aggregazione momentanea di individui”) e massa (“la maggioranza delle persone considerata come insieme omogeneo senza contare le differenziazioni interne”). Morcellini ricorda come questo romanzo sia inoltre essenziale per la costruzione e diffusione della lingua italiana, al punto che Riccardi lo definisce “cuore dell’Italia unita”. “L’opera – racconta infatti il professore – è una grande testimonianza perché per la prima volta contiene l’idea di un popolo unico, unito”.
“Per il mondo moderno – continua Morcellini – il romanzo manzoniano è una straordinaria possibilità di rinnovamento della vita, di fiducia nell’uomo e trasformazione della storia”. “Si può considerare una vera conversione il fatto che il popolo sia il soggetto della narrazione – prosegue – perché l’autore non si limita a parlarne ma lo fa diventare protagonista della scena”. Il professore della Sapienza legge una delle parti finali del romanzo che descrive una folla intenta a muoversi verso il cardinale Federigo. Questa scena è importante perché emerge lo stupore dell’Innominato di fronte a tante persone così unite nel seguire il cardinale: un movimento generale caratterizzato non più dalla confusione e dal disordine ma da una finalità concordata. “Possiamo notare che la folla – dice infine Morcellini – diventa un evento culturale perché siamo di fronte a uomini uniti da una passione comune”.
“La certezza dell’arte, come della vita – interviene a conclusione Rondoni – non è la stasi, la fissità, ma la ricerca. Questa ti viene mossa dal fatto che hai visto qualcosa per cui vale la pena muoversi”.