“Mandulinata a Napule”. A sorpresa Arbore alla presentazione delle Canzoni napoletane interpretate da Tito Schipa

Press Meeting

L’introduzione dell’incontro spetta a Pier Paolo Bellini, General Editor della collana musicale “Spirto gentil”, che durante questo Meeting sarà promotrice di una serie di guide all’ascolto. La prima di queste è dedicata, appunto, alla canzone napoletana di Tito Schipa. Bellini, anticipando quella che sarà la chiave di lettura delle canzoni che si ascolteranno, ricorda un aneddoto legato a don Giussani. Il sacerdote, rivolgendosi ad un amico durante una festa in seminario, disse improvvisamente: “La vita è triste, ma meno male, perché se no sarebbe disperata.” Subito l’affermazione fu accolta dalle ironie degli altri seminaristi, ma Giussani li incalzò ricordando che la tristezza è percezione di qualcosa che manca e solo uno stupido può non sentirsi triste. Ebbene, il canto napoletano è testimonianza commovente di questa percezione.
Massimo Bernardini, giornalista musicale di Avvenire, è un profondo estimatore della musica napoletana e ricorda come sua madre piangesse e ridesse allo stesso tempo ascoltando queste melodie. Questo ricordo fa intuire come il segreto di questa musica stia nella ferita che ha dentro e che riempie tutte le note.
Per capire meglio tale particolarità della canzone napoletana, Bernardini incomincia un percorso tra le musiche del cd che sta presentando, facendone sentire vari pezzi ad una numerosa ed attenta platea. Ancora il pensiero torna a Giussani che, nel libretto di introduzione al cd, racconta come avesse per la prima volta capito che Dio c’è sentendo le note iniziali di una nota canzone di Tito Schipa. Proprio Schipa, spiega Bernardini, sa dare qualcosa in più alla canzone napoletana. A dimostrazione di questo il giornalista propone un interessante confronto tra Murolo, Bruni e Schipa (tre giganti della canzone partenopea), ascoltati nell’esecuzione dello stesso testo. La delicatezza e la malinconia, mai esagerate o pompose nell’interpretazione dello stesso Schipa, parlano direttamente al cuore, tanto che anche i “Bonzi” (monaci giapponesi), racconta Bernardini, ascoltano e conoscono i canti napoletani e ne ammirano proprio la malinconia.
La parola “malinconia” è anche il fulcro dell’intervento telefonico a sorpresa di Renzo Arbore. Il famoso artista riferisce di come la musica napoletana sia conosciuta in tutto il mondo, dall’Asia al Sud America, e di come chiunque si innamori di queste melodie ne riconosca la malinconia come elemento essenziale.
Non va, però, dimenticata anche la proverbiale vena allegra e scherzosa della musica napoletana e le ultime due tracce che vengono proposte esemplificano proprio questo aspetto.
Rimane spazio per una veloce conclusione di Bellini, che osserva la scomodità della musica napoletana, ai giorni nostri poco ascoltata. Scomodità proprio perché ha dentro quella ferita, che è del canto come di ognuno di noi, che non va nascosta per poter capire queste splendide melodie.

Rimini, 21 agosto 2005
E.M.