A dieci giorni dalla sua canonizzazione, un convegno al Meeting con chi può indicare, per esperienza, i motivi della scelta di papa Francesco: Madre Teresa, testimone della misericordia. Alle 17.00, nel gremito Auditorium Intesa Sanpaolo B3, la folla in piedi accoglie con un caloroso applauso l’ingresso di Suor Serena, missionaria della Carità, Brian Kolodiejchuk, postulatore della causa di canonizzazione della santa e Marcilio Haddad Andrino, ingegnere brasiliano miracolato. Marina Ricci modera gli interventi.
In apertura Marina Ricci dà la parola a Emilia Guarnieri che, con la lettura del comunicato finale del Meeting, rivolge il tradizionale saluto di ringraziamento ai volontari.
La giornalista, poi, apre il convegno ripercorrendo i principali momenti della vita di Madre Teresa: il primo delinearsi della sua vocazione, l’ingresso tra le suore dell’istituto della Beata Vergine Maria di Loreto, la missione a Calcutta, la chiamata nella chiamata che la porta con coraggio a fondare l’Ordine delle missionarie della Carità. I lunghi cinquant’anni di sofferenza attraversati dalla mistica. “Papa Francesco ha indicato proprio lei quale testimone della misericordia – osserva la giornalista – chiediamo ai suoi testimoni diretti di parlarcene”.
“Abbiamo mai sperimentato su di noi la misericordia?” Con questa domanda Kolodiejchuk introduce la sua esperienza. Adottato all’età di quattordici mesi, individua già in questo evento la consapevolezza che l’intervento della misericordia è qualcosa che cambia la direzione della vita stessa. Nel 1977 l’incontro decisivo con Madre Teresa e il rapporto di fiducia assoluta che si stabilisce, infonde nella sua coscienza la certezza che “attraverso Madre Teresa è Dio stesso che mi parla”. Da postulatore della causa di canonizzazione è anche in grado di mostrare come per Madre Teresa misericordia voglia dire perdonare e dimenticare, come fa il Padre “che corre solo incontro al figlio”. “Tu non devi mai dubitare della misericordia di Dio”, diceva spesso la Madre a chi mostrava inquietudine per il proprio male. Eppure anche Madre Teresa ha attraversato l’oscurità e ha sofferto profondamente del fatto di non sentirsi amata da Dio. Fino a quando ha capito che quella era l’esperienza della solitudine vissuta da Gesù sulla croce, che Dio stesso le chiedeva di vivere, alla quale lei ha detto sì “diventando la santa di tutti noi”.
“Sono nato a Santos del Brasile e all’età di sei anni ho scoperto di avere patologia renale che ha condizionato la mia vita fino all’età di diciotto anni, quando ho effettuato il trapianto ricevendo un rene da mio fratello”. Così introduce la sua esperienza l’ingegner Andrino. Successivamente la sua vita si è svolta in modo lineare: gli studi, il lavoro, il fidanzamento con Fernanda. Alle soglie del matrimonio, nel 2008, Marcilio comincia a registrare sintomi strani: perdita di equilibrio, mal di testa, convulsioni lo accompagnano per mesi. Gli accertamenti medici non sono in grado di diagnosticare che cosa gli stia capitando. Si sposa e il giorno stesso la situazione si aggrava fino a costringerlo al ricovero. La moglie Fernanda, ascoltando i suggerimenti di un’amica, comincia a pregare Madre Teresa: “Pregavamo con la certezza che ci avrebbe aiutato, ma la situazione non migliorava”. Anzi, lo stato di salute di Marcilio peggiora fino alla paralisi e alla confusione mentale. Un giovane e competente medico individua la causa: degli ascessi in parti irraggiungibili del cervello impediscono il deflusso del liquor. È necessario un drenaggio, ma la situazione è assolutamente irreversibile. Fernanda chiede insistentemente un miracolo per le loro vite. E qualcosa cambia: inspiegabilmente gli ascessi si riducono del settanta per cento e non serve più il drenaggio. Qualche giorno dopo la risonanza rivela che tutto è sparito, degli ascessi rimangono solo le cicatrici. Questo è il miracolo di Madre Teresa che “ci ha accompagnati proprio attraverso l’oscurità”. E non è l’unico. Le pesanti cure hanno compromesso per Andrino la possibilità di avere figli. Invece arrivano: il primo nel 2010, il secondo nel 2012. “Madre Teresa ci ha donato non una vita, ma tre”.
Anche Suor Serena ripercorre i momenti salienti della propria vocazione: dalla sensibilità per i poveri che l’ha portata in Africa, all’incontro con Madre Teresa che le ha fatto comprendere che per servire i poveri bisogna amarli. Si sofferma poi a raccontare parole, gesti e episodi della sua esperienza con la santa: “significava vivere nella gioia che nasce da una pace interiore”. La missionaria racconta che a Londra, di passaggio, Madre Teresa desiderò incontrare tutte le suore della casa. All’epoca, suor Serena non era in grado di sostenere una conversazione in inglese, ma stranamente riuscì a capire tutto quello che le disse la Madre. “Perché la madre parla con la semplicità delle parole del vangelo” le spiegò Madre Teresa. E non lo diceva per presunzione ma perché certa della sua unione con Gesù. Con lei si lavorava per ventiquattrore al giorno senza ansia, ma c’era alcun spazio per l’ozio. Sapeva individuare in una folla la persona più bisognosa e a quella si rivolgeva. Nel suo ultimo incontro con la madre, suor Serena si è sentita così preferita che “oggi lavoro alla sua presenza”.
L’intervento si conclude con il video della partecipazione di Madre Teresa al Meeting del 1987 e la recita dell’Ave Maria in suffragio delle vittime del terremoto.
(G.L.)