Rimini, 22 agosto 2024 – Alle 12:00, nella Sala Neri Generali-Cattolica della Fiera di Rimini, si è svolto il convegno “Made in Italy e filiere produttive”, organizzato in collaborazione con la Compagnia delle Opere. L’evento ha visto la partecipazione di Francesco Maria Chelli, presidente ISTAT; Andrea Dellabianca, presidente Compagnia delle Opere; Maria Porro, presidente Salone del Mobile; Luigi Sbarra, segretario generale CISL; e Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy. L’incontro è stato introdotto da Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, che ha moderato il dibattito tra gli illustri ospiti. Il convegno ha ricevuto il sostegno di isybank, Ferrovie dello Stato, Mediocredito Centrale, Confagricoltura, Autostrade per l’Italia, Italian Exhibition Group, YOGA, MARR, e Tracce.
L’importanza strategica del Made in Italy nell’attuale contesto economico
Fontana ha aperto sottolineando l’importanza strategica del Made in Italy per l’economia italiana, soprattutto in un periodo di incertezze economiche globali. Ha ricordato come la crisi europea e le crescenti spinte protezionistiche rappresentino un pericolo per l’economia italiana, che si basa in gran parte sulle esportazioni e sulle filiere produttive legate al Made in Italy. Fontana ha citato l’intervento del governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta del giorno precedente, che aveva evidenziato i segnali contrastanti dell’economia italiana: da un lato, la tenuta delle esportazioni; dall’altro, le difficoltà legate alla crescita e alle incertezze geopolitiche. «Il Made in Italy è forse la componente essenziale dal punto di vista economico», ha affermato Fontana. «La capacità di produzione e di affermazione sui mercati internazionali necessita di filiere produttive solide, composte da aziende esportatrici ma anche da un indotto che va salvaguardato».
Lo stato delle esportazioni italiane secondo l’ISTAT
Il quadro dei dati più recenti sull’andamento delle esportazioni italiane e sulle prospettive future è stato delineato da Chelli. Il presidente dell’ISTAT ha presentato un’analisi dettagliata dell’andamento recente del commercio, evidenziando come le esportazioni italiane abbiano mantenuto un andamento relativamente stabile, nonostante le difficoltà globali. «Abbiamo registrato una diminuzione dell’11% in valore delle esportazioni nel primo semestre del 2024, ma la bilancia commerciale rimane in attivo grazie a una riduzione ancora maggiore delle importazioni». Chelli ha poi illustrato le differenze territoriali nelle esportazioni, sottolineando la tenuta del Mezzogiorno, in particolare del Sud Italia, che ha mostrato un aumento significativo delle esportazioni. Il presidente ha inoltre evidenziato la concentrazione delle esportazioni in poche grandi imprese, sottolineando come il 37% dell’export sia realizzato da 482 imprese con più di 500 addetti. «Questo dato ci dice che il fenomeno delle esportazioni è molto concentrato», ha continuato, «e che le grandi imprese, pur rappresentando una minoranza numerica, contribuiscono in maniera determinante alle esportazioni italiane». Passando poi a un’analisi settoriale, Chelli ha messo in evidenza la propensione all’export del Made in Italy tradizionale, con settori come l’alimentare, il tessile e l’arredamento che mostrano una maggiore capacità di esportazione rispetto alla media nazionale. Ha concluso il suo intervento con un confronto tra l’economia italiana e le maggiori economie europee, specialmente quella tedesca e quella francese, sottolineando la necessità di rafforzare la componente dei servizi per migliorare ulteriormente la competitività.
La necessità di rafforzare le filiere produttive
Dellabianca ha proseguito il dibattito affrontando il tema delle filiere produttive e dell’importanza delle relazioni tra imprese. «L’interazione tra imprese profit, opere sociali e opere educative all’interno della Compagnia delle Opere è sempre stata un’occasione di ricchezza. Tale interazione trasferisce valore e competenze tra i diversi attori coinvolti». Ha poi sottolineato l’importanza di incentivare le relazioni tra imprese di diverse dimensioni, un elemento che si è rivelato fondamentale per lo sviluppo e la sostenibilità delle aziende italiane. «Chi lavora in filiera registra una crescita del 20% nel volume di fatturato e una maggiore capacità di sviluppo estero. Il sistema di relazioni tra imprese non è solo un ideale astratto, ma un fattore concreto di crescita economica». In questo contesto il tema del cambiamento tecnologico fa sì che le piccole imprese abbiano bisogno di collaborare con le grandi per poter accedere alle competenze necessarie per affrontare le sfide tecnologiche del futuro. «La trasformazione tecnologica richiede competenze e conoscenze che solo attraverso un sistema relazionale positivo possono arrivare anche alle più piccole», ha concluso Dellabianca.
Il design italiano e la sfida della competitività
Porro ha portato al tavolo la prospettiva del settore del design e dell’arredamento, uno dei pilastri del Made in Italy. Con un settore che fattura oltre 52 miliardi di euro e che esporta circa il 53% della sua produzione, il design italiano si trova ad affrontare sfide importanti in un mercato globale sempre più competitivo. «L’erosione della competitività è uno dei problemi principali che dobbiamo affrontare», ha spiegato la presidente del Salone del Mobile, «soprattutto in un momento in cui mercati tradizionalmente forti come la Francia e la Germania stanno attraversando una crisi». Porro ha evidenziato la difficoltà di reperire manodopera qualificata, un problema aggravato dalla scarsa attrattiva del settore per le nuove generazioni: «Forse non siamo stati sufficientemente bravi nel raccontare alle giovani generazioni come il settore dell’arredamento offra un’occupazione di altissimo livello. Serve migliorare la formazione tecnica e promuovere l’industria 5.0 come strumento per rilanciare la competitività». Ha poi parlato delle sfide legate all’esportazione, citando il mercato cinese, attualmente in crisi, e l’importanza di trovare nuovi mercati di sbocco come l’India e gli Emirati Arabi. Concludendo, ha posto l’accento sulla necessità di ridurre la burocrazia e di valorizzare la qualità del Made in Italy attraverso normative europee che riconoscano la durabilità dei prodotti italiani, piuttosto che favorire un’economia basata sul riciclo veloce.
Il ruolo del sindacato nella competitività del Made in Italy
Il segretario generale della CISL ha affrontato il tema della competitività dal punto di vista dei lavoratori e del sindacato. «Uno dei fattori che aiuta una comunità nazionale a vivere la sfida della competitività è quello di fare leva sugli investimenti», ha dichiarato Sbarra. «In tal senso negli ultimi decenni è mancata una politica industriale chiara». Ha poi sottolineato la necessità di rilanciare gli investimenti pubblici e privati per migliorare la produttività e ha lodato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza come una straordinaria opportunità per il Paese: «Dobbiamo ripensare un nuovo modello sociale di crescita e di sviluppo che metta al centro la qualità e la dignità del lavoro, la stabilità dell’impresa e il valore della persona. È importante costruire una visione nuova di politica industriale che sostenga le piccole e medie imprese, aiutandole a superare la loro fragilità e a competere a livello globale». Sbarra ha concluso il suo intervento esortando a superare la logica del conflitto sindacale per abbracciare un approccio partecipativo, in cui i lavoratori siano coinvolti nella governance delle aziende, contribuendo alla loro crescita e alla competitività del sistema Paese.
Le sfide e le opportunità del governo italiano
Urso ha chiuso il convegno con un intervento focalizzato sulle sfide e le opportunità che il governo italiano deve affrontare per sostenere il Made in Italy. Il ministro ha ribadito l’impegno del governo nel rimuovere gli ostacoli che frenano la crescita delle imprese italiane, citando come esempio il regolamento Euro7, che è stato modificato per facilitare gli investimenti nel settore automotive. «Abbiamo fatto il più grande e significativo piano incentivi sull’auto», ha spiegato, «con l’obiettivo di rottamare i veicoli più inquinanti e rendere l’auto elettrica accessibile anche ai ceti meno abbienti». Tuttavia, il ministro ha espresso insoddisfazione per la risposta di Stellantis, criticando la multinazionale per non aver aumentato la produzione in Italia nonostante gli incentivi messi in campo dal governo. Urso ha poi parlato dell’importanza di sviluppare una politica industriale europea che sostenga le imprese e promuova la coesione sociale: «Il governo italiano sta lavorando per far diventare il nostro Paese un grande competitor internazionale e lo faremo attraverso la trasparenza, la coesione sociale e un impegno costante nel sostenere le nostre imprese».