Rimini, 21 agosto 2015 – Le emergenze del globo, dal terrorismo ai conflitti militari alle migrazioni (i profughi a livello mondiale sono 70 milioni), sono ormai diventate una normalità e ci assediano da ogni parte. Per contro, gli organismi internazionali rivelano tutta la loro inadeguatezza a fronteggiare i problemi di un mondo in rapidissimo cambiamento. Dunque, che fare? È la domanda che ieri pomeriggio, in sala Neri, Roberto Fontolan, direttore del centro internazionale di Comunione e liberazione, ha posto ai quattro ospiti riuniti appunto per discutere del ruolo degli organismi internazionali di fronte alle emergenze del mondo: monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede per le Nazioni unite a Ginevra, Paolo Carozza, direttore dell’Helen Kellogg Institute for international studies all’università Notre Dame degli Stati Uniti, il segretario generale della fondazione AVSI Giampaolo Silvestri e Pasquale Valentini, Segretario di stato per gli affari esteri e politici della Repubblica di San Marino.
L’opinione comune degli ospiti è stata che questi organismi abbiano bisogno di una radicale rifondazione perché, nei fatti, la governance globale è sfuggita loro di mano, presa in carico da attori più agili e competitivi (Banca mondiale di sviluppo, Gruppo del G20 e altri) che però, spesso rispondono ad interessi politici ed economici dei singoli soggetti promotori. Tomasi e Carozza hanno poi evidenziato un altro elemento che mina la credibilità di questi organismi, “l’affermarsi della controcultura degli anni Sessanta – ha detto il Nunzio – che esalta un individualismo ad oltranza, che nega il bene comune, e per il quale la differenza sessuale è sostituita dal gender e che censura parole come amore, matrimonio famiglia”. “A livello mondiale – ha aggiunto Carozza – ci sono trattati che affermano il diritto alla vita e contemporaneamente c’è chi vuol costringere gli stati ad imporre l’aborto oppure si spaccia per tutela degli anziani il diritto di chiedere il suicidio assistito”. Carozza ha usato un’immagine molto forte per dipingere il ruolo di questi organismi internazionali sulla scena mondiale: “All’esterno sembrano dei bambini ma in verità sono marionette, al servizio degli interessi di poteri economici e politici, come Pinocchio alle prese con il gatto e la volpe”.
Come rifondare questi organismi e arrivare ad un’autorità mondiale, con poteri di intervento e di decisione, che Tomasi ha individuato nella stessa dottrina sociale della Chiesa, da Giovanni XXIII a Giovanni Paolo II? “Come superare – si è chiesto ancora Tomasi – l’antropocentrismo deviato, denunciato da papa Francesco, che relativizza tutto e sottopone ogni cosa ai propri interessi immediati?” Per il nunzio “non sarà la moltiplicazione delle istituzioni a risolvere il problema ma la creatività della persona messa in condizione di potersi affermare”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il professor Carozza. Continuando la metafora di Pinocchio, ha ricordato che “il burattino per diventare ragazzo ha avuto bisogno di un cuore, ha dovuto riconoscere un padre; anche gli organismi internazionali hanno bisogno di un cuore, di una capacità di comprendere e perseguire il bene”. La soluzione non può essere, per il direttore del Kellogg institute, “un superstato globale che riprodurrebbe le contraddizioni e i limiti dell’Onu”. La nuova realtà internazionale, garante dei diritti e delle libertà, per Carozza “deve nascere dal basso, da comunità umane dove la solidarietà si sviluppa come virtù praticata, come esperienza, dove la dignità umana si riconosce nei fatti”. Carozza ha citato espressamente la presenza di Avsi nel mondo, illustrata poco prima dal presidente Silvestri che, dallo scorso aprile, è membro del Consiglio nazionale per la cooperazione e lo sviluppo. Silvestri ha raccontato la tragedia di gente con il nostro stesso tenore di vita, come gli iracheni di Mosul, che da un giorno all’altro perde tutto e che chiede non solo aiuti materiali ma di non essere dimenticata. Per il direttore Avsi è troppo sbrigativo pensare di risolvere il problema con le tessere prepagate che riducono i costi di gestione degli aiuti. Una pratica che non sostiene la persona e non ne salva la dignità. “Meglio farli lavorare – ha proposto Silvestri – che tenerli per quattro- cinque anni disoccupati ma con la tessera per gli acquisti in tasca”. A dimostrazione del lavoro di avsi, Silvestri ha poi proiettato un documentario girato in Libano, dove la sua associazione collabora con l’Unicef.
Le analisi e le proposte di Tomasi e Carozza sono state condivise anche dall’esponente politico di San Marino, che ha invitato a non escogitare soluzioni astratte ai problemi dei singoli Paesi ma interventi che tengano conto di quanto gli stessi Paesi stanno già facendo.
Carozza si è avviato alla conclusione richiamando ancora una volta la vicenda di Pinocchio. “Il burattino – ha ricordato – non ha fatto tutto da solo, ha avuto bisogno della grazia della Fata turchina. Dobbiamo riconoscere la trascendenza di ogni vita umana perché, come è stato detto qui al Meeting, le religioni non sono un problema ma parte della soluzione”. “Stiamo aspettando un nuovo Abramo – ha detto alla fine – che sia in grado, come lui, di riconoscere che l’io e il popolo nascono dalla dipendenza da un altro. Gente che, ogni volta che lavora per la pace e la giustizia, sia capace di dare un senso al sentimento di mancanza che avverte”.
(D.B.)