L’ITALIA UNITA, STORIA DI UN POPOLO IN CAMMINO

Press Meeting

“Non poteva mancare un incontro che avesse al centro il tema della mostra ‘150 anni di sussidiarietà’. Ed abbiamo, al riguardo, gli ‘speaker’ più autorevoli possibili: Giuliano Amato, che è anche presidente del Comitato dei garanti per i 150 anni dell’Unità d’Italia e due grandi protagoniste della mostra che hanno guidato il lavoro di gruppi ‘famelici’ di universitari”. Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, ha così introdotto l’incontro previsto alle 11.15 nel salone B7.
La professoressa Maria Bocci, ordinario di Storia contemporanea alla Cattolica di Milano, ha iniziato il suo intervento sottolineando il metodo di lavoro che per un anno ha coinvolto, per le prime due sezioni della rassegna, una trentina di universitari milanesi, pieni di curiosità intellettuale e che ha dato origine a una vera “comunità universitaria”. Ha illustrato quindi alcune chiavi di lettura utilizzate nelle prime due sezioni storiche: dall’Italia preunitaria alla seconda guerra mondiale. “Ci siamo interrogati su che cosa ha tenuto insieme gli italiani in questi 150 anni. E così la storia dell’Italia unita è apparsa collocata all’interno di uno sviluppo plurisecolare segnato da un incredibile patrimonio culturale e anche da una fitta trama di legami sociali rafforzata dall’esperienza religiosa che ha funzionato da elemento unificante”. Così la storia della penisola è marcata dalla carità che diventa opera e “si è tradotta in iniziative educative, ospedaliere e assistenziali” di grande rilievo. La relatrice ha ricordato anche l’esplicitazione del principio di sussidiarietà, con l’enciclica Quadragesimo anno (1931) e la presenza educativa e sociale dell’Azione cattolica negli anni del totalitarismo fascista.
Marta Cartabia, ordinario di Diritto costituzionale alla Bicocca di Milano, ha concentrato il suo intervento sulla Costituente e la Costituzione, oggetto della terza sezione della mostra. In un tempo drammatico e di “crisi”, in un contesto internazionale incerto e lacerato, dai lavori della Costituente, non privi di tensioni anche aspre, “uscì un testo ampiamente condiviso che inaugurò per la storia italiana la fase della ricostruzione e l’inizio della rinascita”. La relatrice ha citato un intervento di La Pira: la Costituzione italiana “è la costituzione di tutti perché è una costituzione per l’uomo” ed ha sottolineato il valore dell’articolo 2, che contiene “due elementi che contraddistinguono la tradizione costituzionale italiana: l’anteriorità e la precedenza ontologica della persona rispetto allo Stato e il valore del pluralismo sociale”. Cartabia ha segnalato anche che il famoso “senza oneri per lo Stato”, a proposito della libertà di istituire scuole libere non statali, contrariamente alle intenzioni dei costituenti, “è stato preso a pretesto per perpetrare nel tempo una diffidenza, nei confronti delle scuole private, che costituisce una vera e propria anomalia italiana”.
“Brave!”: con questo apprezzamento alle relatrici che l’avevano preceduto è iniziato il discorso del presidente Amato, che rivolto al numeroso pubblico ha aggiunto: “In questa ora vi siete arricchiti davvero”. “Gli italiani erano un ‘noi’ – ha ribadito Giuliano Amato – prima che qualcuno si mettesse al lavoro per dare loro uno Stato”. L’autorevole relatore, pur ricordando problemi e contraddizioni, ha rivendicato il carattere popolare e non elitario del movimento risorgimentale: “Ad esso ha partecipato la popolazione urbana, anche sacerdoti e vescovi”. Ha ricordato inoltre che se non c’è una prospettiva comune sul futuro, come si può verificare anche nella storia delle famiglie che si disgregano, “scegliamo nel passato ciò che ci divide e non ciò che ci unisce”. “Credenti e non credenti hanno un solo nemico: l’intolleranza”. Nella situazione attuale, ha proseguito Amato, “è fondamentale rimettere in uso le risorse morali che abbiamo per guardare come un ‘noi’ al futuro. E le risorse religiose sono fondamentali, in questo contesto, per costruire un futuro comune”.
Iniziative come la mostra e realtà come il Meeting, ha segnalato in conclusione Giorgio Vittadini, documentano “l’esperienza ideale di un ‘io’ che diventa ‘noi’. Vogliamo collaborare a una costruzione comune per rilanciare un futuro ancora più grande di questi 150 anni”.

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