“L’intelligenza della fede diventa intelligenza della realtà”. L’eredità di Benedetto XVI

Redazione Web

“L’intelligenza della fede diventa intelligenza della realtà”

L’eredità di Benedetto XVI

 

Rimini, 22 agosto 2023 – Il Meeting per l’amicizia fra i popoli 2023 ha voluto rendere doveroso omaggio al pensiero e alle parole di papa Benedetto XVI dopo la morte avvenuta lo scorso 31 dicembre. E i partecipanti all’incontro ““L’intelligenza della fede diventa intelligenza della realtà”. L’eredità di Benedetto XVI”, che hanno affollato l’Auditorium isybank D3, hanno tributato un lunghissimo applauso commosso, dopo l’introduzione del moderatore, Andrea D’Auria, direttore del Centro Internazionale di Comunione e Liberazione.

Sono intervenuti tre grandi testimoni del papato di Benedetto XVI, che hanno citato a piene mani dai discorsi e dai testi del grande Papa teologo. Ma prima, D’Auria ha riportato un ricordo personale del cardinale Schönborn, secondo il quale papa Ratzinger è a tutti gli effetti considerabile un padre della Chiesa quanto Sant’Agostino, per la ricchezza e potenza del suo pensiero.

S.E. Mons. Andrea Bellandi, arcivescovo metropolita di Salerno-Campagna-Acerno, ha illustrato le prospettive teologiche del pensiero di Ratzinger, soffermandosi su uno dei suoi temi cardine, ovvero il rapporto tra ragione e fede. Benedetto XVI ha sempre ricercato il nesso tra la fede cristiana e la questione della verità, confrontandosi con l’idea di razionalità dell’oggi. Fin dal 1968 il Papa bavarese si è chiesto se fosse «ancora possibile credere nel mondo attuale», osservando che la modernità era «legata al binomio sapere-fare invece del binomio stare-credere della fede». Con una sequenza di citazioni da encicliche e discorsi, Bellandi ha sottolineato come Ratzinger abbia sempre avuto il coraggio di proporre la fede come fonte di verità in un tempo in cui non si parla più di verità, convinto che fosse questa la strada per la vera liberazione dell’uomo intrappolato da una ragione ridotta in modo positivistico a misura di tutte le cose. Senza paura di confrontarsi col pensiero del tempo, Ratzinger ha sempre posto domande cruciali per il futuro della fede, come nel discorso tenuto in Germania a Erfurt nel 2011: «”L’uomo ha bisogno di Dio oppure le cose vanno abbastanza bene anche senza di lui?”». Per Ratzinger vi era la certezza che alla lunga il distacco da Dio porta alla perdita dell’umano. In sostanza, per Bellandi, papa Benedetto «voleva mostrare l’umanità della fede», affermando nei suoi ultimi scritti che “chi fa entrare Cristo nella sua vita non perde nulla di ciò che rende liberi e grandi: solo in questa amicizia sperimentiamo ciò che libera”. A concludere la riflessione, la famosa citazione: “Non abbiate paura di Cristo, egli non toglie nulla e dona tutto”.

Ha poi portato la sua testimonianza Aura Miguel, giornalista, vaticanista, per molti anni al seguito di Benedetto XVI. Miguel ha raccontato della commozione di fronte alla grande folla che ha tributato gli ultimi onori a Ratzinger prima e durante il suo funerale il 5 gennaio 2023. Eppure il Papa Emerito era stato per dieci anni nel silenzio di un monastero e soggetto in quegli anni di tanta cattiva stampa. Per Miguel ciò si spiega con la Dichiarazione di Morte acclusa alla salma del Pontefice nel feretro: “Benedetto XVI pose al centro del suo pontificato il tema di Dio e della fede nella continua ricerca del volto di Gesù Cristo e aiutando tutti noi a conoscerlo”.

«Come Benedetto XVI ha annunciato la fede e la sua ragionevolezza?» si è chiesta Miguel. Per la giornalista portoghese, citando brani del libro autobiografico di Ratzinger “La mia vita”, secondo due fattori: in primis, il futuro papa era veramente amico di Gesù fin da bambino, come parecchi episodi della sua familiarità con Dio testimoniano; e poi, il rapporto umile con la verità: il suo motto episcopale era “Collaboratore della Verità”, perchè in un tempo in cui era scomparso il discorso sulla verità, si proponeva di essere moderno nel riprenderlo in connessione con la vita dell’uomo, ma trattandolo sempre con massimo rispetto e umiltà. Secondo Miguel, «questo è il nocciolo dell’attrattiva di Ratzinger: tanti esempi di umiltà nell’affronto della realtà con grande realismo e coraggio». La relatrice ha poi citato diversi interventi di papa Ratzinger, mostrando come fosse «coraggiosamente realista, indicava i problemi e la via giusta per affrontarli. Di fronte al relativismo, propone Gesù incarnato e la fede radicata nell’amicizia in lui. Questa è la fede adulta che dobbiamo maturare». Inoltre Benedetto XVI «affrontava i viaggi sempre con disponibilità e semplicità. Era profondo e libero: durante il volo in America del 2008 gli fu posta una domanda sugli abusi con richiesta di rispondere in lingua inglese: la risposta fu talmente precisa – “straight to the point” – che ha messo tutti ko!». Ma l’ultima notazione di Miguel è per «il cuore strapieno di desiderio di papa Benedetto XVI. È la condizione perché l’intelligenza della fede diventi intelligenza della realtà. Vale per tutti, anche per il papa. Nel 2012, a 85 anni, ha affermato: “Anche gli adulti devono scoprire le vere gioie purificandosi dalle mediocrità in cui possono invischiarsi. Non si tratta di soffocare il desiderio del cuore, ma di liberarlo affinché raggiunga la sua vera altezza”. E lui lo ha dimostrato con la sua vita».

L’ultimo intervento è stato tenuto da Andrea Tornielli, direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede. Tornielli ha evidenziato tre dei tratti originali del pensiero e della vita di Benedetto XVI. Innanzitutto «il non credente è indispensabile al credente, perché la fede va sempre re-imparata». E poi, «cosa conta per trasmettere la fede?». Citando il discorso del febbraio 2010 a Fatima, “la fede non può più toccare il cuore dell’uomo con discorsi morali e richiami ai valori, perché il semplice enunciato del messaggio non arriva al cuore e non cambia la vita; ciò che affascina è l’incontro con persone credenti che con la loro vita attraggono a lui”. Chiosa Tornielli: «Fa venire in mente Nietzsche che dice: “Per la vostra fede le vostre facce sono sempre state più dannose delle nostre ragioni”. In ultimo, Tornielli ha ricordato lo sguardo sulla Chiesa di papa Benedetto XVI secondo una duplice declinazione: da una parte «il rischio della secolarizzazione dentro la chiesa. Diceva Ratzinger che “non di rado si dà all’organizzazione e all’istituzionalizzaione più importanza dell’aprirsi a Dio e al prossimo. Per corrispondere al suo compito la Chiesa deve distaccarsi da questa sua secolarizzazione”». In compenso, «della secolarizzazione del mondo papa Ratzinger ha ripetutamente dichiarato che aiuta la vita della Chiesa». A Friburgo 2011 disse che “la storia viene in aiuto alla Chiesa per purificarla e riformarla interiormente. La secolarizzazione, con la cancellazione di privilegi, significa sempre lo spogliarsi della Chiesa dalla mondanità”. Perciò “non si tratta qui di trovare una nuova tattica per rilanciare la Chiesa. Si tratta piuttosto di deporre tutto ciò che è soltanto tattica e di cercare la piena sincerità, che non trascura né reprime alcunché della verità del nostro oggi, ma realizza la fede pienamente nell’oggi vivendola, appunto, totalmente nella sobrietà dell’oggi, portandola alla sua piena identità, togliendo da essa ciò che solo apparentemente è fede, ma in verità è convenzione ed abitudine”».

(G.F.)

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